
L'ospedale San Paolo
Milano, 11 agosto 2019 - Sul caso del detenuto morto piantonato nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Paolo dove era ricoverato per via di un tumore allo stadio finale interviene il difensore civico regionale Carlo Lio. E con una lettera indirizzata, tra gli altri, a Silvio Di Gregorio, il direttore del carcere di Opera dove Giorgio C., 58 anni, si trovava dallo scorso novembre in seguito a una condanna a 5 anni e 8 mesi per rapina, chiede chiarimenti per scongiurare il ripetersi di simili episodi.
La vicenda era stata denunciata dal difensore dell’uomo, l’avvocato Francesca Brocchi. Il legale, da un lato, aveva invitato la Corte d’Appello a «un ultimo gesto di umanità e clemenza» consentendo al suo assistito di «morire da uomo libero», ma è mancata la relazione sanitaria per decidere sul caso; dall’altro aveva scritto, non solo ai vertici del Dap e achi era incaricati di tutelare i carcerati, ma pure al ministro della giustizia ritenendo vi fossero state «violazioni dei suoi diritti di detenuto e di malato, anche a causa del ritardo nella diagnosi della patologia oncologica» Inoltre aveva lamentato, in qualità di avvocato, le difficoltà incontrate con medici e operatori nel settore penitenziario: scarse informazioni sullo stato di salute del suo assistito e indagini diagnostiche tardive.
Sulla vicenda, inoltre, i presidenti dell’Ordine degli Avvocati e della Camera Penale di Milano, Vinicio Nardo e Monica Gambirasio, con una lettera inviata nei giorni scorsi sempre al Guardasigilli e agli esponenti istituzionali che si occupano di detenuti e carceri, fanno una proposta «di civiltà, umanità, di rispetto dei diritti della persona: di lavorare tutti insieme», affinché il sistema di comunicazione con gli istituti penitenziari - ed in particolare con le direzioni sanitarie - cambi e quindi di «elaborare protocolli condivisi, che consentano di contemperare le esigenze di tutela dei diritti e quelle di sicurezza delle carceri».