La comunità di Alcova: "Il villaggio del design oltre i confini di Milano, una scommessa vinta"

Valentina Ciuffi e Joseph Grima, curatori e anima del Fuorisalone: quest’anno riscoprono Villa Bagatti Valsecchi e Villa Borsani a Varedo

Valentina Ciuffi e Joseph Grima

Valentina Ciuffi e Joseph Grima

Milano – L’intervista a Valentina Ciuffi e Joseph Grima, curatori e anima di Alcova comincia con la richiesta di scattare un foto a loro, seduti sul divano, all’ingresso di villa Bagatti Valsecchi in amabile conversazione con il designer visionario Martino Gamper. "Non succede mai che Martino segua due Fuorisaloni per due anni di seguito", scherza Valentina Ciuffi.

"Ne ho seguiti almeno 29 dall’inizio della mia carriera e ho memoria storica dei primi negli anni Novanta", risponde Gamper divertito.

Attestato di stima, sigillo di valore, per Alcova arrivato alla settima edizione che non è certo quella della crisi.

La prima domanda sarebbe stata come sta andando la scommessa di portare Alcova a Varedo, se non avessi visto con i miei occhi lunghissime code di persone (sotto la pioggia) in attesa di entrare a villa Borsani e villa Bagatti Valsecchi.

V.C: "Allargare la cerchia di Milano e continuare ad esplorare anche fuori dalla città è stata una scommessa, anche se sì, confesso che all’inizio un po’ di paura che la destinazione non fosse capita c’è stata".

J.G: "Invece abbiamo avuto la conferma di aver lavorato benenei sei anni passati, abbiamo conquistato la fiducia delle persone che ci seguono, vengono nei luoghi che indichiamo noi. La soddisfazione più grande è capire che le persone si fidano di Alcova e sono disposte a raggiungerci".

Cosa vi ha colpito di Villa Bagatti Valsecchi e di Villa Borsani per farne una tappa di Alcova?

V.C. "Sono il frutto di una nostra esplorazione. La prima è gestita dalla Fondazione La Versiera è attualmente chiusa al pubblico, è una delle testimonianze più interessanti di architettura di villa ottocentesca lombarda dove la nobile famiglia milanese dei Bagatti Valsecchi era solita trascorrere l’estate. La Fondazione l’ha in gestione da poco e ne farà un contenitore di manifestazioni culturali di alto livello, internazionali".

J.G. "Villa Borsani è, invece, in un ottimo stato conservativo: lì abbiamo fatto un’operazione diversa, gli arredi meravigliosi di Borsani sono stati in parte temporaneamente rimossi e la dimora è stata reinterpretata completamente dagli espositori".

Cosa lega queste due spledide strutture architettoniche alle sedi abbandonate degli anni passati?

V.C e J.G.: "Sono tutti luoghi inaccessibili che meritano una maggiore attenzione, che hanno un grande potenziale e una grande magia. E vogliamo anche dimostrare che le destinazioni culturali non hanno sempre bisogno di strutture nuove. Si possono fare cose meravigliose in sedi già esistenti e dimenticate"

Siete reduci da una Alcova a Miami, il nomadismo è un po’ la vostra cifra, ma Milano resterà nei vostri itinerari?

V.C. "Stiamo guardando ad altre città europee, non solo all’America, architetture insolite e design contemporaneo in altre parti del mondo.

J.G. "Milano però ci sarà sempre, dobbiamo tanto alla città di Milano e il nostro Fuorisalone è iniziato qui".

Come ci si salva da una bulimia di Fuorisaloni?

V.C e J.G. "Mantenendo il focus, evitando che diventi un contenitore di prodotti brandizzati, e salvaguardando gelosamente lo spazio riservato all’innovazione, alla ricerca e alla sperimentazione"

Avete avuto un successo riconosciuto a livello internazionale. Un consiglio a chi vuole interprendenre la strada della curatela. L’elemento che non può mancare.

V.C. "Una grande curiosità unita alla passione".

J.G. "Passione sì, abbiamo creato Alcova con tutto quello che appassionava noi. In questo progetto c’è tutto il nostro cuore, la nostra anima e la nostra energia".

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