Delitto pensato a dicembre. Per non lasciare tracce. Giulia uccisa sul tappeto poi bruciato in bagno

La Procura contesta al killer della Tramontano il dolo indeterminato. Impagnatiello, stando alle carte, voleva uccidere soprattutto lei. In seguito aveva pensato di far morire anche il feto con il topicida. .

di Anna Giorgi

MILANO

Ci sono due prove inequivocabili della volontà di Alessandro Impagnatiello, il barman di 31 anni, di uccidere soprattutto Giulia Tramontano e poi inevitabilmente anche Thiago che aspettava da sette mesi. Il “setting“ dell’aggressione sfociata poi nelle 37 coltellate che uccideranno Giulia e le sue ricerche su google prima dell’omicidio per imparare come si cambiava la data dell’invio dei messaggi.

Per l’accusa Impagnatiello aveva cominciato a meditare il massacro di Giulia e del feto, almeno a dicembre e aveva preparato tutto con molta cura. C’è un dettaglio che emerge dalle decine di foto trovate in uno dei cellulari di Impagnatiello ed emerge anche dal video del baby shower: è il tappeto sul pavimento del soggiorno che il giorno della festa non c’è, compare poi nelle settimane successive, presumibilmente acquistato da lui su internet, che poi non viene più trovato dagli investigatori quando faranno il sopralluogo successivo al delitto.

Su quel tappeto - stando alle carte depositate - è stata uccisa Giulia. Per l’accusa Impagnatiello aveva coperto il pavimento per non lasciare tracce ematiche e biologiche e pulire più velocemente la scena del crimine. Con quel tappeto il cadavere è stato poi avvolto, trascinato più velocemente dal soggiorno verso la vasca da bagno. Lì Impagnatiello tenta di bruciarlo, ma prende fuoco soltanto il tappeto, mentre il corpo senza vita di Giulia resta solo gravemente ustionato. Gli investigatori, durante il sopralluogo troveranno infatti un grosso quantitativo di cenere dentro la vasca da bagno, non compatibile con le conseguenze di una semplice, seppur ampia, scottatura del cadavere. L’assassino agli investigatori non ha mai detto dove ha gettato gli indumenti di Giulia e nemmeno dove ha messo il tappeto mancante. Ha sempre detto solo di averli buttati in un cassonetto della spazzatura. In realtà per gli investigatori avrebbe bruciato tutto.

Ad aggravare il quadro della premeditazione e a completare quello del "dolo indeterminato" che gli verrà contestato nelle prossime udienze anche le numerose ricerche fatte da Impagnatiello con la falsa identità di Andrea Valdi.

Il barman interroga Google su come può cambiare la data di invio dei messaggi dal suo modello di cellulare. Dopo l’omicidio infatti utilizzerà queste informazioni studiate prima su internet per inviare "messaggi amorevoli" a Giulia, fingendo che lei fosse ancora viva e inducendo la famiglia di lei a pensare che fosse ancora viva e che fosse solo fuggita. In realtà Giulia era già morta. Quanto alle dichiarazioni di pentimento rilasciate due giorni fa davanti alla Corte per la procura si tratta di affermazioni "studiate a tavolino" frutto di una precisa strategia difensiva che punterebbe soltanto ad avvalorare la tesi di un “sequestro emozionale“, quindi di una patologia psichiatrica che avrebbe portato Impagnatiello ad un blackout, presupposto per i suoi legali, Samantha Barbaglia e Giulia Ceredini, della richiesta di una perizia sulla sua reale capacità di intendere o volere. Per gli inquirenti Impagnatiello è un "narcisista manipolatore", davanti ai giudici, ha parlato ancora molto di sé stesso. "Non vivo più", ha detto. È accusato di omicidio volontario con quattro aggravanti, tra cui quello della premeditazione. "Non si è reso responsabile di un gesto estemporaneo - ha ricordato anche l’avvocato della famiglia Tramontano, Giovanni Cacciapuoti - ma ha propinato per mesi veleno topicida alla compagna e al proprio figlio". La difesa potrebbe puntare tutto su una perizia psichiatra per cercare di evitare la condanna all’ergastolo.

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