
Lavoratori manifestano contro il precariato
Milano, 17 ottobre 2018 - Quasi seimila lavoratori lasciati a casa o a rischio nel territorio della Città metropolitana per effetto della stretta sul rinnovo dei contratti a termine stabilita dal decreto dignità. E un grande punto interrogativo sull’efficacia del provvedimento nel dare una scossa al mercato del lavoro attraverso la trasformazione in contratti a tempo indeterminato auspicata dal Governo. L’allarme è stato lanciato ieri dalla Cisl, nel corso di un convegno a Milano sul decreto dignità, a pochi giorni dalla fine del periodo transitorio. Dal 31 ottobre, infatti, rinnovi e proroghe dei contratti in corso dovranno essere firmate con le nuove regole. «Sono dati preoccupanti - spiega il segretario generale della Cisl Lombardia Ugo Duci - e siamo allarmati per quello che potrà succedere in futuro. Condividiamo l’obiettivo di superare il precariato, ma in questo caso ci sono migliaia di lavoratori che perdono il posto». Secondo il segretario nazionale aggiunto della Cisl Luigi Sbarra «le premesse del decreto dignità erano buone», ma il provvedimento «rischia di essere un’occasione mancata».
Sono con il fiato sospeso lavoratori del settore privato o pubblico, tra cui i circa 700 precari delle società partecipate del Comune di Milano. Sul futuro resta l’incognita. I contratti non rinnovati verranno trasformati in assunzioni a tempo indeterminato o ci sarà un turnover di contratti a termine? Rischiano di rimanere tagliate fuori le persone «più facilmente sostituibili», impiegate nei lavori meno qualificati, che andrebbero ad alimentare il bacino dei disoccupati che aspirano al reddito di cittadinanza. Potrebbero finire nei tunnel dei “lavoretti”, aggiungendosi alle circa 150mila persone che tra Milano e hinterland campano con impieghi saltuari e spesso sottopagati. Non è ottimista Federica Origo, professore associato di Economia del lavoro all’Università di Bergamo. «È probabile che i precari non rinnovati verranno sostituiti con altri lavoratori temporanei - riflette - ci aspettiamo un maggior turnover, anche perché non è stato abbattuto il costo che le imprese devono sostenere sul lavoro stabile. Il problema in Italia è la scarsa crescita - prosegue - e non si risolve agendo solo con lo strumento delle leggi sul lavoro. Non è la scelta giusta per uscire dal tunnel, piuttosto servirebbero politiche macroeconomiche di sostegno ai consumi».
I dati fotografano, intanto, un aumento costante dei contratti a termine in Italia: l’80% dei nuovi contratti è a tempo determinato, e il 13% della forza lavoro è precaria. Dati nella media europea, anche se l’Italia ha livelli molto più bassi di stabilizzazioni. Solo il 20% dei contratti passa da temporaneo a permanente nell’arco di un anno: la sfida del decreto dignità è quella di ottenere un’inversione di tendenza. «È necessaria la stabilizzazione ma per certi aspetti la norma è troppo rigida - sottolinea Elena Buscemi, consigliera della Città metropolitana con delega al Lavoro - soprattutto in una città come Milano dove ci sono settori come l’alberghiero, le fiere o il terziario avanzato che hanno un bisogno fisiologico di flessibilità per fare fronte a picchi di lavoro. Dobbiamo piuttosto garantire tutele ai precari».
© RIPRODUZIONE RISERVATA