
Mezza giornata di faccia a faccia. Sono stati lunghi interrogatori quelli di due giorni fa a Brescia del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e del pm, ora alla Procura europea, Sergio Spadaro, indagati per rifiuto di atti di ufficio per la gestione di Vincenzo Armanna, l’ex manager di Eni imputato ma pure “accusatore“ al processo Eni- Nigeria concluso in primo grado con l’assoluzione di tutti i vertici della società petrolifera.
Con il procuratore bresciano Francesco Prete e il pm Donato Greco, i due pubblici ministeri milanesi, nei confronti dei quali nei mesi scorsi è stata chiusa l’indagine, si sono difesi spiegando le loro ragioni e replicando a quanto denunciato dal collega milanese Paolo Storari: cioè che il loro agire sarebbe stato dettato dal dover proteggerè il dibattimento sulla vicenda nigeriana. Ora toccherà a Prete e Greco valutare se inoltrare la richiesta di rinvio a giudizio o meno.
Per Storari e l’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, invece, è già stato chiesto il processo per rivelazione del segreto di ufficio in relazione ai verbali dell’avvocato Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria. L’udienza preliminare è stata fissata dal gip Federica Brugnara per il prossimo 3 febbraio.
Non ancora definita invece la sorte del fascicolo sul procuratore aggiunto milanese Laura Pedio, indagata per omissione d’atti d’ufficio sempre per le stesse vicende. (Per l’ex procuratore Francesco Greco è stata chiesta l’archiviazione). Pedio è titolare, assieme al pm Stefano Civardi, dell’indagine,di cui è attesa a breve la chiusura, sul presunto “falso complotto“ Eni nell’ambito della quale Amara ha reso le dichiarazioni sulla fantomatica associazione segreta “ungherese“.