Noemi
Morrone*
Le sentivo urlare dal corridoio e mentre mi avvicinavo si chiariva in me la certezza si trattasse della mia classe. Due alunne stavano litigando, a voce altissima, nel corridoio. Indossavano tutti le mascherine. Bene. Contagio scongiurato. Inizio del nuovo anno tra nuove e numerose difficoltà tra cui spicca il controllo del green pass e le nuove responsabilità sanitarie. Io supervaccinata con AstraZeneca mostro fiera il mio passaporto per il lavoro più bello del mondo e non mi ricordo quasi più cosa sia davvero scuola: la scuola è emozione, sempre. L’attesa del suono della campanella, le risate nei corridoi, la rabbia del crescere e non piacersi, mai. E le ragazze litigavano. Ferocemente. Appassionate urlavano l’una contro l’altra. La materia della feroce onta? Una banalissima lite avvenuta nel mese di giugno alla fine della scuola. La questione era restata sospesa, cristallizzata tutta l’estate e non avevano mai chiarito: covando di contro un crescente sentimento di rancore l’una contro l’altra che è esploso non appena le due ragazze sono ritrovate di nuovo, insieme, in classe. Un rancore che nessun distanziamento avrebbe potuto spegnere. La scuola è emozione. Sempre. Ci aiuta a vivere obbligandoci al confronto con gli altri, restituendoci la possibilità di ricominciare, sempre, anche oltre la pandemia e tutti i deliri del mondo. La classe è il luogo dove si vivono le emozioni, dove si cresce insieme, è la palestra in cui si esercitano le capacità relazionali e argomentative anche litigando, ma litigando bene, filtrando lo scontro attraverso l’azione educate e formativa della scuola. Avevo quasi dimenticato che a scuola ci si emoziona, sempre, e la lite impattandomi mi ha ricordato di cosa sia fatto davvero il sapere comune. Bentornata in classe prof. Prof le devo parlare. Prof non dica a C. che gliel’ho detto, ma sa cos’è successo? Posso uscire un attimo prof? Non mi sento molto bene.
Bentornata in classe. Bentornata vita.
* Docente scuola Puecher