Troppo difficile fare l'educatore. Le comunità chiudono: "Così centinaia di Bilal in giro"

L’allarme del presidente di Arimo: "Nessuno vuole fare l’educatore". Nel 2020 l’ultimo ospite “pulito“, tutti dipendenti da alcol e droghe

Una delle comunità della cooperativa sociale Arimo

Una delle comunità della cooperativa sociale Arimo

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Educatori introvabili perché hanno perso la motivazione e si sono dirottati verso altre carriere. In fuga da un’utenza non facile, formata da adolescenti (inclusi stranieri non accompagnati) che fanno anche uso sistematico di droghe.

Un mix esplosivo che ha spinto la cooperativa sociale Arimo a sospendere dal 9 settembre le attività della comunità educativa di pronto intervento alle porte di Binasco. Fondata nel 2003, la cooperativa si occupa di ragazzi allontanati dal nucleo familiare, minori sottoposti a misure penali e anche stranieri non accompagnati, smistati oggi nelle tre strutture rimaste operative: sono circa 300 gli ospiti negli ultimi 5 anni, di cui 60/70 stranieri soli.

La comunità di pronto intervento in tempi ristrettissimi poteva accogliere ragazzi in misura cautelare e stranieri adolescenti soli intercettati dalle forze dell’ordine. Una missione diventata sempre più difficile. "I ragazzi che giungono al pronto intervento – italiani e stranieri - fanno sistematicamente uso di sostanze. Nei test tossicologici abbiamo trovato sempre la dipendenza da alcol e poi da cannabinoidi in quantità talmente elevata che i ragazzi risultano positivi per settimane. Poi c’è anche chi fa uso di cocaina. L’ultima volta che abbiamo trovato un soggetto senza dipendenza risale al maggio 2020", afferma Paolo Tartaglione, presidente Arimo e referente Infanzia, adolescenza e famiglie del Coordinamento comunità d’accoglienza Lombardia.

"Avevamo bisogno di sette educatori per completare l’équipe – prosegue – ma non siamo riusciti a trovarli in nessun modo". Questione di salario? "La professione non è riconosciuta per quel che merita ma non è una novità. Il punto vero è legato al crollo della motivazione per la crisi reputazionale che ha colpito il settore dopo le inchieste e trasmissioni tv. Quando io facevo l’educatore negli anni Novanta le comunità erano un luogo mitico, adesso sono percepite come un mondo marcio che fa business sulla pelle dei bambini". Altre due strutture in provincia oltre a quella di Arimo hanno deciso di sospendere il servizio quest’anno. "Un problema enorme se le comunità chiudono: di Bilal in strada rischiamo di averne centinaia".

 

 

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