GIAMBATTISTA ANASTASIO
Cronaca

Abusi e autolesionismo, il Cpr di via Corelli come prima: "Ora una commissione"

Visite del consigliere regionale Paladini e della rete “Mai più lager“. A febbraio 40 detenuti in via Corelli sono finiti in pronto soccorso. Le opposizioni in Regione: "L’Aula deve poter monitorare il centro"

Teresa Florio, attivista “No Cpr“, il consigliere Luca Paladini e il medico Nicola Cocco

Teresa Florio, attivista “No Cpr“, il consigliere Luca Paladini e il medico Nicola Cocco

Milano – Nulla è cambiato al Centro di permanenza per il rimpatrio di Milano. Il commissariamento disposto ormai 3 mesi fa dalla procura non ha sortito effetti migliorativi, non ancora per lo meno. Se la finalità era invertire la rotta rispetto a quanto emerso dall’inchiesta, tuttora in corso, a carico dell’ultimo gestore del centro e rendere via Corelli qualcosa di più simile ad una casa di vetro, la bussola continua ad indicare la direzione sbagliata e il vetro è ancora opaco. Basti un dato di fatto. Anzi due.

Il primo: a febbraio si sono contati 40 atti di autolesionismo tra le persone trattenute nel Cpr, con tanto di temporaneo trasferimento al pronto soccorso dell’ospedale Niguarda. Il secondo: di tali eventi non v’è traccia nel registro degli eventi critici interno al Centro. Da qui la manifestazione indetta per domani dalla rete “Mai più lager-No Cpr“ per chiedere la chiusura di tali centri e la richiesta di istituire una commissione d’inchiesta

In Regione Lombardia in su quanto avviene in via Corelli, richiesta partita da Luca Paladini, consigliere regionale del Patto Civico, e firmata da altri 26 consiglieri rappresentativi di tutti i partiti di opposizione: Pd, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra, Azione-Italia Viva nonché due consiglieri di Lombardia Migliore, il movimento che fa capo a Letizia Moratti. L’una e l’altra, la manifestazione di domani e la richiesta della commissione d’inchiesta, sono state presentate ieri al Pirellone.

«Abbiamo trovato una situazione immutata rispetto a prima nonostante gli sforzi riferiti dalla nuova direttrice – fa sapere Nicola Cocco, medico infettivologo della rete “Mai più lager-No Cpr“ in riferimento alle due visite condotte in via Corelli insieme allo stesso Paladini –. Paradossalmente abbiamo trovato maggiore violenza ma anche prassi che vanno verso una normalizzazione del disagio. Solo a febbraio ci sono stati 40 casi di autolesionismo tra le persone detenute nel centro: parliamo di persone che si sono procurate fratture agli arti o hanno ingerito pezzi di vetro, lamette o sostanze nocive, perché questa è ritenuta la sola soluzione per uscire da via Corelli. Eppure questi fatti non compaiono nel registro degli eventi critici interno al Cpr, come fossero considerati e accettati come fatti normali, come si fosse abbassata la soglia critica".

"Tante – prosegue Cocco – sono le situazioni sanitarie inidonee alla vita all’interno di un Centro per il rimpatrio, con forme psichiatriche gravi che non dovrebbero stare in un luogo di detenzione ma di cura. Abbiamo avuto la conferma che il Cpr è un luogo patogeno, che fa stare male le persone. E questo, nell’anno in cui ricorre il centenario dalla nascita di Franco Basaglia, è grave. I Cpr devono essere chiusi".

«Nei Cpr , a differenza di quanto avviene in carcere, non c’è alcuna disciplina a tutela di chi vi è trattenuto, non vi è alcun magistrato di sorveglianza – sottolinea Teresa Florio, a sua volta attivista della rete “Mai più lager“ –. L’unico articolo a tutela, l’articolo 14 del Testo Unico sull’immigrazione, dice che le persone devono essere trattenute per il tempo strettamente necessario all’esecuzione dell’espulsione, ma a settembre 2020 il tempo medio di permanenza a Milano era di 3-4 giorni, adesso, dopo il decreto Cutro, è di 18 mesi. Lo stesso articolo dice che devono avere libertà di corrispondenza anche con l’esterno e anche telefonica, eppure a Milano c’è voluta un’ordinanza per consentire l’uso dei telefoni mentre nel resto d’Italia questo non è ancora consentito. Ogni altro aspetto è lasciato all’arbitrio totale: ciascun Cpr si fa le proprie regole e cerca di opporre il proprio regolamento come fosse legge, ma spesso è in contrasto con le leggi fondamentali".

«Esistono ragioni di prevenzione sanitaria, di attenzione ai diritti, di rendicontazione al Consiglio regionale di quanto accade nel Cpr di via Corelli – rimarcano Paladini e Michela Palestra, anch’essa consigliera regionale del Patto Civico –. Per questo consideriamo la commissione d’inchiesta strumento necessario per accertare la situazione del Centro di permanenza per i rimpatri e le condizioni sanitarie e di vita delle persone soggette a provvedimenti di detenzione amministrativa. L’obiettivo è l’istituzione di un luogo di monitoraggio di tutte le statistiche, prassi, metodi e strumenti utilizzati per la gestione del Centro, anche e soprattutto a seguito del commissariamento avvenuto a dicembre. Attualmente non ci sono gli strumenti per sapere nel dettaglio cosa succede all’interno di via Corelli e questo è un problema enorme".