Covid, un’occasione persa. Cresce l’occupazione (povera): "A uno su tre 800 euro al mese"

Il report della Cgil: lavoro femminile da record, ma crescono le disuguaglianze a tutti i livelli. Segnali di crisi e più cassa integrazione. "Affrontare la distribuzione sbilanciata della ricchezza".

Covid, un’occasione persa. Cresce l’occupazione (povera): "A uno su tre 800 euro al mese"

Covid, un’occasione persa. Cresce l’occupazione (povera): "A uno su tre 800 euro al mese"

di Andrea Gianni

MILANO

La pandemia è stata "un’occasione persa", per costruire un mondo del lavoro più equo. Dal punto di vista occupazionale, dal 2019 al 2023, la situazione a Milano è "sostanzialmente immutata", mentre ai problemi di sempre si somma il costo della vita in costante aumento: "Un terzo del mercato del lavoro milanese lavora con livelli di reddito insufficienti a mantenersi, 800 euro di media". Un lavoro povero e precario, che stride con maxi-stipendi e profitti record in una città dove crescono le disuguaglianze. Una fotografia scattata dall’ultimo rapporto del Dipartimento mercato del lavoro della Cgil di Milano, diretto da Antonio Verona, che ha messo a confronto la Milano pre e post Covid. "Cosa diventerebbe Milano se uscisse dai ranking europei che la vedono tra i luoghi più attrattivi in cui investire in asset immobiliari? E cosa sarebbe Milano se non fosse più meta del turismo internazionale?", sono le domande messe sul tavolo dal segretario generale della Cgil di Milano, Luca Stanzione. Nel 2023 Milano ha segnato 1.507.000 occupati, lo 0,8% in più rispetto al 2019. Tra questi 815mila uomini e 692mila donne. Il volume occupazionale è concentrato soprattutto nei servizi alle imprese, seguono alberghi, commercio, ristorazione, poi l’industria e infine l’edilizia.

Il tasso di occupazione complessivo è pari al 71,2%, con un corrispondente tasso di occupazione femminile del 65,8% che rappresenta uno dei più elevati nel panorama nazionale. Sono dati positivi, anche se dinamica degli avviamenti, al netto della stagionalità, è in picchiata, mentre crescono le ore di cassa integrazione per lo più a causa di crisi e riorganizzazioni. Segnali di un sistema che sta mostrando crepe e cedimenti. "I dati statistici – spiega Antonio Verona – mettono in evidenza che dal punto di vista occupazionale tra 2019 e 2023 la situazione a Milano è sostanzialmente immutata. Dietro questa immutabilità trovano conferma gli stessi problemi di prima, un’economia resa fragile perché si basa su eventi, turismo, lavoro discontinuo, sul fatto che un terzo del mercato del lavoro milanese lavora con livelli di reddito insufficienti a mantenersi, 800 euro di media".

La pandemia è stata quindi un occasione mancata, perché "non abbiamo colto l’opportunità per modificare assetti produttivi e finanziari" di una città come Milano. "Di certo – prosegue Stanzione – sappiamo che la crescita di Milano ha prodotto disuguaglianze su cui è aperto un dibattito metropolitano, che pensiamo di aver contribuito ad avviare insieme a tante realtà del territorio. La curva dell’indice di Gini tra il 2016 e il 2020 vede un’impennata significativa: significa che le risorse destinate ai salari complessivamente aumentano ma la loro distribuzione diventa fortemente ineguale. È anche attraverso questo indice di misura della disuguaglianza che possiamo dire che è oggi, non domani, il tempo che la nostra comunità affronti il tema di come superare una crescita generatrice di disuguaglianze e frustrazioni con una crescita felice. Sta qui un ripensamento profondo dei ritmi e dell’utilizzo del tempo di vita e di lavoro – conclude – per la nostra area metropolitana".

Sul tema del lavoro povero e dei salari milanesi interviene anche il segretario generale della Uil Milano e Lombardia, Enrico Vizza. "Bisogna dare il giusto nome alla questione salariale nel territorio di Milano – sottolinea Vizza –, dove gli affitti assorbono tra il 50 e il 60% degli stipendi. Il problema non si affronta con slogan, convegni o commissioni. Se l’amministrazione comunale di Milano vuole fare qualcosa sulla questione del salari deve favorire, sollecitando anche le associazioni datoriali, la contrattazione di secondo livello senza pensare a inventarsi nuove gabbie salariali perché noi le combatteremo strenuamente".

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