
Anziano in una Rsa
Milano – Ancora una richiesta di archiviazione a chiudere l’ennesimo fascicolo sulle morti per Covid nelle Rsa. Stavolta la richiesta riguarda la Rsa ‘Lainate’ in cui nel periodo del Covid sono state registrate 54 morti di cui 24 “accertate“ per l’epidemia.
L’esposto parte, come sempre, dalle famiglie degli ospiti, da chi aveva un padre, una madre, un fratello, un parente morto. All’epoca però, tra il 2020 e il 2021 non era possibile fare autopsie, quindi il Covid diventa difficilmente dimostrabile e, vale per la Rsa Lainate, la stessa motivazione che ha portato all’archiviazione di tutte le Rsa. Come si può oggi identificare un responsabile di una epidemia?
"La giurisprudenza poi - stando alle carte della richiesta di archiviazione - esclude la possibilità di ammettere una condotta omissiva del delitto di epidemia colposa.Tale reato è ammesso solo nella forma commissiva da ciò deriva che non può essere ravvisata una responsabilità penale consistente in una ipotetica mancata adozione di misure volte ad impedire che il Covid colpisse il personale". E ancora si leggono le parole chiarissime: "La sussistenza della forma criminis richiede poi che sia accertato e dimostrato il nesso causale tra le condotte dei sanitari (solo quella commissiva) e la insorgenza della malattia nel contesto spazio temporale accertato". Le archiviazioni sono ormai una lunga scia.
Ultimo caso rimasto forse più complesso anche per il numero di morti, oltre 400, è il Pat, il Pio Albergo Trivulzio. È stata concessa una ulteriore proroga, l’ultima, pare, e di altri due mesi per il deposito della maxi perizia disposta per fare chiarezza, a distanza di oltre quattro anni dai fatti. La perizia, con la formula dell’incidente probatorio, era stata disposta nel marzo dello scorso anno dalla gip Marta Pollicino, che aveva preso il posto della collega Alessandra Cecchelli, la quale, a fine giugno 2022, aveva respinto l’istanza di archiviazione formulata dai pm per l’allora dg Giuseppe Calicchio, indagato per omicidio e epidemia colposi e violazione delle regole sulla sicurezza, e per la struttura, la storica Baggina milanese. E così erano state di fatto riaperte le indagini. La giudice, più di un anno fa, aveva nominato un pool di esperti, tra cui Pietro Tarzia, per accertare la sussistenza o meno del "nesso di causalità tra i decessi e le infezioni riscontrate tra gli ospiti" e "il personale", tra febbraio e dicembre 2020, e le "eventuali inosservanze" delle misure di sicurezza.
Dopo altre proroghe già richieste negli ultimi mesi, gli esperti a inizio giugno ne hanno chiesta un’altra di 60 giorni alla gip, che l’ha concessa. E, dunque, il deposito slitta ancora ai primi di agosto. I periti parlano di una "ultima proroga", motivata dalla "necessità emersa anche a seguito dell’esame dell’ultima documentazione trasmessa" dal Pio Albergo Trivulzio a fine aprile. E "dalla risposta, dopo diversi solleciti, da parte dell’Ats", l’Agenzia di tutela della salute. All’archiviazione del fascicolo si era opposta l’associazione Felicita, che rappresenta i familiari degli anziani, coi legali Luigi Santangelo e Luca Santa Maria. Tra i vari consulenti delle parti, nominati per seguire gli accertamenti dei periti, spiccano i nomi del virologo Fabrizio Pregliasco, dell’infettivologo Massimo Galli e del geriatra Marco Trabucchi.