
Presidio di protesta per chiedere giustizia per le vittime Covid nelle rsa
Milano, 19 ottobre 2021 - Tutti colpevoli e nessun colpevole per la "strage dei nonni", per la morte, cioè, di oltre 400 anziani avvenuta durante l’emergenza Covid solo all’interno della storica Baggina senza contare i decessi, di cui non si è mai avuto un calcolo preciso, all’interno di altre venti Rsa milanesi. Per la procura di Milano, manca il nesso causale tra la morte degli anziani per coronavirus e la condotta dei vertici delle strutture. Il dipartimento coordinato dall’aggiunto Tiziana Siciliano ha pertanto notificato una richiesta di archiviazione per l’ex direttore generale del Pat, Giuseppe Calicchio indagato per l’assenza di protezioni individuali (il divieto di portare la mascherina di fronte agli anziani e ai loro parenti) che, secondo l’accusa, avevano determinato, durante il periodo della prima emergenza Covid, un aumento di decessi tra i ricoverati nella struttura milanese.
Le ipotesi di epidemia colposa e omicidio colposo plurimo non hanno trovato nessun riscontro per la procura: "L’eccesso di mortalità del Pat per coronavirus si situa in una fascia intermedia rispetto a quanto avvenuto nelle Rsa del Milanese", si legge nella richiesta dei pm Mauro Clerici e Francesco de Tommasi al gip. E si legge ancora: "Non è stata acquisita alcuna evidenza di condotte colpose o comunque irregolari, causalmente rilevanti nei singoli decessi, in ordine all’assistenza prestata. Con riguardo ai singoli casi, neppure sono state accertate evidenze di carenze specifiche, diverse dalle criticità generali riguardo le misure protettive o di contenimento del Covid che possono con verosimiglianza avere inciso sul contagio".
L’inchiesta milanese, che aveva preso il via da un esposto delle famiglie degli anziani morti, era passata anche per una maxi consulenza nel corso della quale un pool di esperti aveva analizzato oltre 400 cartelle cliniche di pazienti morti o che si erano ammalati nei primi mesi del 2020 nelle residenze sanitarie assistite. Relazione da cui era emersa, comunque, una "disorganizzazione e una mala gestione grave e incapace" dell’emergenza Covid al Pat: dalle mancate diagnosi a pazienti, ospiti e personale, che veniva anche fatto rientrare dalla "malattia" senza l’obbligo di eseguire tamponi, fino all’applicazione insufficiente delle regole sull’isolamento dei malati.
Tra gennaio e aprile 2020 il 33% delle morti registrate al Trivulzio, che sono state circa 400, come emerso dalla consulenza, sarebbe attribuibile con alta probabilità al Covid e nello stesso periodo si era registrato un tasso di mortalità del 40% più alto rispetto a periodi normalì e sempre riconducibile al coronavirus. Lo "standard probatorio" sul fronte penale, però, scrivono i pm, "richiederebbe la dimostrazione precisa del nesso causale tra le morti e una specifica condotta riprovevole", cosa che "pare senz’altro da escludere sulla base delle evidenze acquisite".