ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Così la vecchia Fiera è diventata un deserto

Smart working, aziende trasferite, kermesse rinviate e la paura del virus hanno svuotato i bar, i ristoranti e anche gli alberghi

di Annamaria Lazzari

Alle 13 di un giorno feriale nel dedalo di vie attorno alla "vecchia Fiera" ci si aspetterebbe di vedere uno sciame di impiegati alla ricerca di un bar o di un ristorante dove consumare la pausa pranzo. Ma da tempo sui marciapiedi le presenze sono diradate. Al "Café Atlante" di via Silva troviamo un solo tavolino occupato da tre persone per un caffè. Gli altri 40 coperti sono liberi. "Prima dell’epidemia a quest’ora sarebbe stata un’impresa trovare un posto. Dopo settembre c’era stata una leggera ripartenza, ma negli ultimi mesi è un disastro", spiega Vincenzo Francavilla, gestore da 20 anni del bar inaugurato dalla sua famiglia negli anni Sessanta. A determinare questo quadro sconsolante una pluralità di cause.

Il barista sul banco degli "imputati" mette al primo posto lo smart working che continua a lasciare vuote le scrivanie dei tanti uffici della zona (solo in via Silva hanno sede, fra gli altri, filiali di Inps e Fiditalia e gli studi televisivi di Telenova). A remare contro è pure "il terrore di frequentare posti pubblici", rimarca Francavilla. Poi c’è il caso di aziende trasferite altrove: il gruppo del Sole 24 Ore e il gigante della consulenza Pwc hanno lasciato da tempo il complesso firmato da Renzo Piano di via Monte Rosa 91, che rimane rivestito da cartelli "offices to let" e quindi ancora alla ricerca di nuovi inquilini. Si aggiunge la questione fiera.

Da gennaio la quarta ondata spinta dalla variante Omicron ha fatto slittare quasi tutti gli appuntamenti in programma a Fieramilanocity e i convegni al MiCo. Ad esempio la Bit, la borsa internazionale del turismo, in programma dal 13-15 febbraio nei padiglioni cittadini è stata spostata al 10-12 aprile. Per i prossimi eventi fieristici a Milano città bisogna attendere il primo aprile con "Miart" e "Sì Sposaitalia Collezioni".

La ricalendarizzazione delle manifestazioni è stata un boomerang per gli alberghi del quartiere. "La situazione è di stallo. Oltre alle fiere e ai congressi mancano pure i concerti. Febbraio siamo riusciti a chiuderlo con un tasso di occupazione del 40%, ma per marzo la previsione, in base alle attuali prenotazioni, è di un misero 5%", dichiara Fabrizio Della Corte, direttore generale dell’hotel Montebianco, 4 stelle di via Monte Rosa del gruppo Mokinba. Le sue 46 camere nel mese di gennaio sono state riconvertite in un Covid Hotel. Al momento c’è la disponibilità ad accogliere profughi dall’Ucraina "ma non abbiamo firmato ad oggi alcuna convenzione", precisa il direttore.

Ad essere colpito anche il ristorante "Ranch Roberta" di via Masaccio: "È la crisi più grave nei nostri 52 anni di storia. Di clientela non ce n’è: a pranzo sono scomparsi i lavoratori, la sera visitatori ed espositori delle fiere. E non bastava la pandemia: i nuovi, tragici venti di guerra non fanno bene neppure alla ristorazione", afferma Annunziata Passaman, che gestisce il ristorante da 80 coperti col marito e il figlio. Alberto Righetti, titolare del sotterraneo bar Lotto, ha dovuto prendere una decisione drastica: "Apro sempre all’alba ma adesso chiudo alle 14.30 invece che alle 19.30. Tanto nel pomeriggio non c’è mai nessuno. Il calo di lavoro è fra il 60% e il 70%. Speriamo che Atm conceda uno sconto sul canone d’affitto: sono in sofferenza tutti gli spazi in metropolitana".