
Mario Mantovani
Milano, 5 novembre 2015 - Ultima spiaggia, la Corte europea dei diritti dell’uomo. Mario Mantovani resta in carcere: terzo raggio, colletti bianchi, visite dei politici più rarefatte e il tempo da annegare aiutando detenuti nordafricani francofoni con le domandine da tradurre in italiano. «Deluso e amareggiato», l’ex vicepresidente forzista della Regione, ex assessore alla sanità lombarda, ex sottosegretario alle Infrastrutture, ex senatore, pensa - con il suo avvocato Roberto Lassini - alle prossime mosse per uscire dallo stagno dell’ennesimo rigetto. Quest’ultimo del tribunale del Riesame - composto da Paolo Micara, Luisa Savoia e Giulia Cucciniello - che ha respinto il ricorso contro la misura cautelare del 13 ottobre, con cui Mantovani, il suo braccio destro Giacomo Di Capua e l’ingegnere del Provveditorato delle opere pubbliche della Lombardia, Angelo Bianchi, sono stati arrestati per concussione, corruzione e turbativa d’asta. Il provvedimento del Riesame, depositato l’altra sera dopo le 18, è solo in forma di dispositivo, con cui si «respinge» il ricorso difensivo, ma è ancora privo della parte in cui si spiegano i motivi del rigetto. Perché le motivazioni possono essere depositate anche oltre i dieci giorni, che si calcolano dal momento in cui gli atti arrivano al tribunale della libertà: ma senza quelle la difesa va in stand by e non può ricorrere in Cassazione. «Siamo molto delusi e amareggiati» dice Lassini, dopo il deposito di tre memorie difensive per ribattere «alla gravità indiziaria», e che, subito dopo l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Stefania Pepe, aveva presentato un’istanza di scarcerazione o, in subordine, di arresti domiciliari, ricevendone già il primo rigetto. Ora il difensore, oltre ad avere depositato una altro ricorso contro la decisione del primo giudice, e certo percorrendo anche la strada della Cassazione, valuta «un ricorso d’urgenza alla Corte europea dei diritti dell’uomo». «In questo caso, contro lo Stato italiano, e in considerazione dell’irragionevole durata di un procedimento, che risulta aperto da tre anni e non ancora chiuso». Inoltre - sostiene il legale - «ci muoveremo contro la sperequazione rispetto al coindagato Di Capua», che il 2 novembre ha ottenuto gli arresti domiciliari dal gip Pepe, la quale ha ritenuto fossero attenuate le esigenze cautelari anche in forza dell’atteggiamento collaborativo del segretario politico di Mantovani (mentre è sotto esame del Tribunale della libertà il ricorso di Bianchi).
Il pm Giovanni Polizzi - che ha coordinato le indagini della Guardia di finanza su tre capitoli di accusa (concussione perché venissero restituite tutte le deleghe sull’edilizia scolastica all’ingegnere Bianchi dell’“entourage” di Mantovani, corruzione per aver usufruito a costo zero dei servigi dell’architetto Gianluca Parotti dandogli in cambio opportunità di lavoro nel pubblico, turbativa d’asta per favorire la Croce Ticinia Onlus nell’appalto del trasporto dei dializzati), ha dovuto aspettare 14 mesi prima che il gip emettesse la misura da lui richiesta. Ora, di fronte al Riesame, ha depositato ulteriori capitoli a definizione delle accuse. marinella.rossi@ilgiorno.net