
Il professore Massimo Galli del Sacco
Milano, 12 ottobre 2020 - Per Massimo Galli, primario di Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, "la situazione non è quella di marzo, né quella di aprile, ma è allarmante". "Posso essere condizionato - ha ammesso parlando dell'aumento dei contagi di Covid-19 e dei ricoveri in Italia a Sky - dal lavorare in un luogo che è la prima retrovia dell'epidemia, dove i malati arrivano prima e sono più gravi. Ma l'ultima settimana è indicativa di qualcosa che non va come vorremmo, e ancor di più gli ultimi giorni".
"Milano è già sotto pressione"
Per quanto concerne la situazione della Lombardia, per Galli il numero degli infetti da Covid-19 "andrà fatalmente a crescere. Mi auguro che non cresca in maniera rapida e subitanea, ma andrà a crescere, lo deduco anche dalle categorie di pazienti che ricoveriamo, alcuni dei quali temo dovranno essere passati ai reparti di rianimazione""E - ha aggiunto l'infettivologo - credo che in questo momento Milano sia già abbastanza sotto pressione, anche rispetto ad esempio alle aree che erano state più colpite all`inizio di questa storia".
"Ci siamo voluti illudere che fosse finita"
"Tutta quest'estate ci siamo voluti illudere che fosse finita, tranne poche Cassandra come il sottoscritto, ma non era finito affatto - ha aggiunto - Quest'estate abbiamo rimescolato le carte e ora stiamo pagando dazio. Le nuove infezioni riscontrate sono in aree importanti del Centro-Sud che nella grande ondata iniziale sono state piuttosto risparmiate. Mi auguro non ci si ritorni alle condizioni di marzo, ma per non tornarci credo che diventi indispensabile prendere atto di una situazione che deve trovare dei correttivi e che deve essere arginata". Galli ha poi affrontato il tema dello screening: "E' ora di fare più tamponi da più parti e in maniera più ampia". Il primario del Sacco, poi, si è augurato un importante sviluppi dei test rapidi: "Mi auguro che arrivi presto la possibilità di utilizzare i test salivari".
"Non bisogna minimizzare, stiamo buttando via sacrifici fatti"
Per il professore dell'ospedale milanese, "è sempre stato così in tutte le epidemie della storia: ci sono interessi di tipo economico o politico che superano le evidenze dal punto di vista epidemiologico - ha detto -. Per difendere questi interessi, si ha appunto interesse a minimizzare ciò che non è minimizzabile. E si dice che bisogna dare alla gente solo messaggi rassicuranti, come se la gente fosse stupida e dovesse essere trattata come si tratta il bambino che va mandato a letto tranquillo perché dorma sonni felici".
"Bisogna dire che si sta buttando via il sacrificio fatto nei mesi del lockdown - ha ammonito -. Se si va avanti così, gli altri Paesi europei sono la chiara dimostrazione di dove si va parare". Quanto alla situazione europea, ha commentatol'infettivologo, "sconcerta una certa diffusa inadeguatezza dei governanti dei vari Paesi che riescono a infilare una serie di topiche importanti, come i conflitti dettati da diversa appartenenza politica fra governi centrali e regionali. Tutta Europa non ha bisogno di questo, ma di voci univoche e interventi razionali per cercare di uscirne tutti quanti, se possibile assieme. Questo malattia se ne infischia delle frontiere, il virus non ha bisogno del passaporto per passare da un Paese all'altro".