
Preoccupazione dei parenti degli ospiti dell’Istituto geriatrico milanese
Milano, 11 aprile 2020 - «Si comunica a tutti i familiari e amici degli ospiti che i recenti sviluppi della diffusione del coronavirus ci impongono di adottare delle misure cautelative forti al fine di tutelare gli ospiti dell’istituto: sono quindi vietate le visite per un periodo di 15 giorni". L’avviso è comparso davanti all’ingresso dell’Istituto geriatrico milanese di via Paravia 63 il 22 febbraio, due giorni dopo l’emersione del paziente "zero" di Codogno e quando quasi nessuno aveva compreso la pericolosità del contagio, men che meno nelle residenze per anziani.
«All’inizio l’abbiamo presa male – racconta al Giorno Paolo, figlio di una donna da 5 anni nella Rsa di San Siro – ma con il passare dei giorni abbiamo compreso che si è trattato di una decisione giusta, nell’interesse di persone vulnerabili come mia madre". La chiusura immediata, decisa dal responsabile della struttura Antonino Manzo e dalla direttrice sanitaria Federica Bellocchi, ha tenuto al riparo per diverse settimane tutti gli ospiti del centro, noto nell’ambiente per la qualità del servizio sanitario. Tuttavia, nei giorni scorsi è scoppiato un focolaio, che, seppur contenuto, ha portato a diversi casi di contagio, ad almeno un decesso e alla decimazione del personale in servizio: "Di due strutture – ha spiegato due giorni fa all’Ansa Manzo – abbiamo il 50% in meno di personale infermieristico, il 90% in meno di medici e la metà degli assistenti Asa a casa".
Com’è entrato il Covid in via Paravia 63? Forse attraverso un anziano portato al pronto soccorso per una frattura e poi rimandato indietro: al rientro, ha iniziato ad accusare sintomi compatibili con l’infezione da coronavirus. "Il primo problema ora è la drammatica carenza di personale, insieme a quello dei dispositivi di protezione individuale: servono camici, visiere protettive, più mascherine", ha aggiunto Bellocchi. E ancora: "Serve sapere se il personale è malato, facendo tamponi, per evitare che sia paradossalmente veicolo di contagio tra i pazienti".
Queste parole hanno allarmato non poco i parenti degli anziani ricoverati, anche perché le visite sono sospese da più di un mese e mezzo: "Fino a due settimane fa – dice ancora Paolo, che si è fatto portavoce col Giorno della preoccupazione di tanti altri figli e nipoti – vedevo mia mamma via Skype, ma poi le comunicazioni si sono interrotte: ci chiamano ogni giorno per rassicurarci, ma non siamo per nulla tranquilli". "La mancanza di personale è molto grave – sottolinea un’altra parente – perché potrebbe creare danni tanto quanto il Covid in termini di disadratazione, piaghe e malnutrizione". Di conseguenza, i familiari hanno deciso un appello dalle nostre pagine: "Salvate quegli anziani, bloccate quel focolaio perché siamo ancora in tempo: aiutateci a evitare un’altra strage".