Milano, fuori (e dentro) Chinatown è psicosi da coronavirus

"Trattati peggio dei criminali" si sfoga la titolare di un bar cinese al Giambellino. Nelle trattorie tipiche di via Sarpi si registra un calo di affari che sfiora il 70%

Una giovane con indosso una mascherina

Una giovane con indosso una mascherina

Milano, 2 febbraio 2020 - Non è solo Chinatown a soffrire, con un drastico calo di affari che per le trattorie cinesi arriva fino al 70%. Anche per bar, tabacchi e parrucchieri gestiti da proprietari cinesi in altre zone della città è un sabato di forzata "fiacca". La psicosi da coronavirus tiene lontano i clienti per una paura irrazionale e "duplice": al timore per il virus contraddistinto dalla sigla 2019-nCov si è aggiunto quello verso chi ha l’unico torto di avere gli occhi a mandorla. Anche se vive lontano oltre 8mila chilometri dal centro dell’epidemia, Wuhan, e non mette piede nel Paese del Dragone da anni. "Noi non andiamo in Cina da 3 anni" dice una barista in piazza Tirana, nel locale semivuoto. Il deserto è una scena che si ripete anche in altri bar cinesi di via Giambellino.

"Siamo trattati peggio di coloro che commettono reati" si lascia sfuggire una barista. La situazione non va meglio in un’area più centrale, come via Meda: in un salone cinese fra i più storici il primo giorno del weekend è uno di quelli d’assalto per sistemarsi i capelli. "Ma adesso gli italiani hanno paura di questo virus e c’è meno lavoro" afferma il gestore mostrando il negozio vuoto. Via Paolo Sarpi che aveva iniziato benissimo il primo giorno dell’anno con file di persone fuori dai ristoranti e dagli indirizzi di street food, non sembra più un “place to eat”. Alla trattoria cinese Long Chang, che ha oltre 20 anni di vita, il titolare lamenta un calo di affari del "50%". Poco distante, da Hua Cheng, in via Bruno, Simona alla cassa segnala una diminuzione "fino al 70%: di solito a pranzo registriamo il tutto esaurito. Da lunedì non è più così".

Segnali di "resistenza" si colgono qua e là. L’associazione dedicata a Soong Ching Ling con il magazine “Il filo di seta“ ha avviato ieri – proseguirà anche oggi – una raccolta fondi per il popolo cinese colpito dall’emergenza sanitaria: "La più generosa è stata una signora milanese che ha lasciato 300 euro" afferma Stefano Di Martino, ex vicepresidente del consiglio comunale e ora "ambasciatore per l’amicizia" fra i due popoli. A portare la sua solidarietà, agguantando un Baozi, panino tipico ripieno di carne, è anche l’italiano Alan Gallo: "Il vero virus è l’ignoranza e il risentimento verso gli stranieri" dice.  

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