Contratti pirata in aumento: "Otto su dieci in settori come servizi e logistica"

Dal 2019 espansione dei Ccnl che bypassano i sindacati più rappresentativi "Appalti e mansioni con basse qualifiche, così il lavoro costa fino al 20% in meno" .

di Andrea Gianni

MILANO

L’impiego dei “contratti pirata“ ha registrato una crescita negli ultimi anni, nella Città metropolitana di Milano, soprattutto nel caso di appalti che si giocano sulla riduzione del costo del lavoro. Una "anomala concentrazione" nell’ambito del comparto definito dal Cnel "V plurisettoriale", perlopiù in Servizi Imprese e Commercio e Logistica: otto avviamenti (cioè nuovi contratti) su dieci risultano basati su un contratto nazionale di lavoro "stipulato da sindacati non confederali", bypassando quindi gli accordi raggiunti fra Cgil, Cisl e Uil e associazioni di categoria più rappresentative per dare una cornice condivisa al rapporto di lavoro: non solo una questione di stipendi, ma anche di tutele come malattia, ferie e congedi retribuiti. Una fotografia che emerge dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio mercato del lavoro della Città metropolitana, diretto da Livio Loverso, che ha preso in esame 318.655 avviamenti dal 2015 al 2022.

L’adozione dei Ccnl "non confederali", firmati da sindacati e associazioni di imprese che non hanno una reale rappresentanza ma dettano le regole per tutti, risulta ancora marginale, e questa è una buona notizia. Ma il 79,4% si concentra nell’ultimo quadriennio, dal 2019 al 2022. E nel 2022 la loro quota è cresciuta raggiungendo il 4,8% del totale. "La loro espansione – si legge nel rapporto – riguarda soprattutto mansioni a minore specializzazione e con elevata sostituibilità, con una maggiore incidenza nelle cooperative e nell’impiego part time nel settore dei servizi alle imprese. Inoltre si caratterizzano per la prevalenza di rapporti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore all’anno". Solo nei 16 contratti più diffusi sono state censite 22 sigle sindacali e ben 30 associazioni datoriali. Sono 1.179 le tipologie di contratto depositate al Cnel: 229 sono sottoscritti da Cgil Cisl e Uil e 950 da sindacati non confederali, mentre sono 824 quelli firmati da almeno una organizzazione datoriale o sindacale rappresentata al Cnel. Una vera giungla, dove si perdono di vista i diritti dei lavoratori.

"Il tema dell’impiego dei Ccnl è strettamente legato al dibattito nazionale riguardo all’introduzione, per legge, di una paga minima oraria – spiega la consigliera metropolitana con delega al Lavoro Diana De Marchi –. Le sacche di utilizzo di contratti collettivi alternativi, nei quali sovente vengono sacrificati i lavoratori, appaiono marginali nella quantità e tuttavia allarmanti per la loro concentrazione nei settori trasversali dell’economia locale". Nella cornice del Patto per il lavoro, potrebbero essere quindi promosse "azioni mirate ad informare e sensibilizzare i lavoratori e i datori di lavoro sui benefici dei contratti collettivi nazionali e ad adottare misure che disincentivino l’utilizzo di contratti collettivi alternativi". Un contratto “pirata“ consente di risparmiare fino al 20% sul costo del lavoro, considerando anche tutto ciò che esula dalla paga mensile. "Stiamo assistendo a un lento sgretolamento della contrattazione – osserva Loverso – anche a favore di associazioni datoriali “pirata“, soprattutto nei settori dove il lavoro è più povero e meno qualificato".

Per l’ex ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, il problema "oltre alla crescita è legato alla semplice esistenza della possibilità di contratti pirata che comprimono il costo della lavoro". Un tema che finisce periodicamente al centro del dibattito politico, senza finora una misura decisiva. Un fenomeno che si inserisce in un quadro in generale positivo per il lavoro a Milano e hinterland, almeno per quanto riguarda il numero di nuovi contratti. Si assiste, evidenzia il report, a "una stabilizzazione dei volumi dei flussi occupazionali e una crescita del numero complessivo degli occupati", superando definitivamente gli scossoni provocati dalla pandemia. Il problema, come sempre, è nella qualità del lavoro. "Quello dei contratti pirata è uno dei tanti problemi irrisolti – spiega Salvatore Monteduro, segretario della Uil Milano e Lombardia – e le differenze non riguardano solo il salario. Ad esempio, nella sanità privata, un contratto pirata arriva a ridurre a sei mesi la copertura della malattia. Poi il dipendente diventa di fatto licenziabile".