In coma dopo la festa a Nerviano. La mamma: "Non fu solo un gioco"

Lunedì il processo al 27enne accusato di lesioni colpose. I dubbi della madre del 22enne di Lainate che ha riportato danni permanenti

Luca Castiglioni con la mamma Chiara Taverna

Luca Castiglioni con la mamma Chiara Taverna

Lainate (Milano) -  Si apre lunedì 13 dicembre, davanti alla quinta sezione penale del Tribunale di Milano, il processo a carico di Marius Tiba, 27 anni di Parabiago, accusato di lesioni colpose nei confronti di Luca Castiglioni, ventiduenne di Lainate. I fatti risalgono alla notte tra il 26 e 27 luglio 2019, durante una festa di compleanno a Nerviano, nell’hinterland milanese. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti e investigatori, il giovane lainatese sarebbe stato sollevato e spinto con troppa violenza per "un gioco finito male", cadendo per terra e sbattendo la testa sul pavimento di marmo. Trasportato d’urgenza in ospedale, ha lottato tra la vita e la morte, è stato ricoverato in terapia intensiva e ha anche dovuto fare una lunga riabilitazione.

Due anni e mezzo dopo, ottocento pagine di cartelle cliniche e documenti letti e riletti con attenzione, alla vigilia del processo l’avvocato Paola Padovan e la mamma della vittima, Chiara Taverna, hanno ancora molti dubbi sul capo d’accusa "superficiale" se si considera che oggi Luca, nonostante una lunga riabilitazione, non è ancora tornato a una vita normale. Ha subito danni permanenti gravi che non glielo permetteranno. "Purtroppo anche su quello che è successo la sera del 26 luglio ci sono tante discordanze nel racconto dei ragazzi presenti alla festa, il 27enne accusato ha ammesso di aver fatto questo gioco della ruota e si è assunto le responsabilità, ma poi nelle audizioni davanti ai carabinieri qualcuno ha detto che Luca era caduto da solo ed ha picchiato la testa, qualcuno che era scivolato ma non si era fatto male, tutte versioni non compatibili con le lesioni cerebrali, traumi e fratture riportate – dichiara l’avvocato –. Un’altra cosa che manca in questa indagine sono i rilievi nell’abitazione in cui si sono svolti i fatti. Non sono stati fatti né nell’immediatezza né dopo, quando è emerso che non si era trattato di un incidente".

L’impressione è che fin dall’inizio la vicenda non sia stata considerata in tutta la sua drammaticità e gravità, "Luca era in coma emorragico come scritto nel referto, perché gli sono stati dati 30 giorni di prognosi, questo ha impedito l’avvio immediato delle indagini – spiega la mamma –. Se non ci fosse stata scritta nessuna prognosi sarebbero partite d’ufficio e invece si è dovuto aspettare il lunedì mattina dopo la nostra denuncia alla polizia". Le indagini, dunque, sono state avviate solo pochi giorni più tardi, su richiesta della Procura di Milano, che ha affidato l’inchiesta al pm Francesca Gentilini.

Ritardi e lacune investigative. "Luca invece è stato ascoltato una sola volta dai carabinieri competenti per territorio quando era ricoverato nella clinica di Bosisio, aveva ripreso da poco a parlare e stare meglio, ma ricordava poco – aggiunge il legale della famiglia – nei mesi successivi non è mai stato sentito dalla Procura, come mai?". Dubbi, rabbia, il desiderio di conoscere la verità e una sola certezza, "noi non molliamo su nulla", commenta la mamma di Luca.  

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