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Cliente ucciso, prostituta liberata. I giudici: ha reagito a un’aggressione

Le motivazioni: la donna è stata assolta persino in contrasto con le sue dichiarazioni di Mario Consani

Prostituzione in città

Milano, 9 luglio 2014 - Assolta malgrado se stessa. "E persino in contrasto con le sue dichiarazioni", scrivono i giudici nelle motivazioni del verdetto. Se l’è cavata praticamente a sua insaputa Fize Lushi, 22 anni, la “lucciola” albanese accusata di aver ucciso un cliente in macchina durante un rapporto sessuale e rimessa in libertà due mesi fa dalla Corte d’assise. Assolta - hanno concluso i giudici - perché c’è il dubbio che abbia agito per legittima difesa reagendo ad un’aggressione subita. Anche se lei in realtà non l’ha mai detto e, anzi, l’ha sempre negato, raccontando versioni fantasiose e prive di qualunque riscontro.  Salvatore Cercabene, 48 anni, venne trovato cadavere nella sua vettura nel giugno 2012. L’autopsia rivelò che non era stato infarto ma omicidio per “asfissia meccanica”: collo schiacciato tra sedile e predellino e qualcuno con le ginocchia sulla schiena a impedirgli di respirare. Grazie alle telecamere sul luogo - una via di Bruzzano, periferia della metropoli - i carabinieri individuarono la prostituta che era uscita da quell’auto nuda in piena notte e se l’era filata spaventata, con un cellulare all’orecchio. Così arrivarono a Fize. Il movente però è rimasto un mistero. E Cercabene aveva sulle spalle una condanna a 6 anni per aver narcotizzato e picchiato un’altra “lucciola”. Un precedente che ha pesato e che insieme ad altri elementi - i segni di colluttazione, alcuni monili della donna ritrovati nell’auto, pezzi di nastro adesivo con peli attaccati - ha spinto la Corte a ritenere "plausibilmente prospettabile la legittima difesa al fine di contrastare un’aggressione da parte dell’imputata". Certo, né la ragazza né i suoi avvocati l’hanno mai invocata, sostenendo piuttosto (ma senza prove) che Fize sarebbe stata narcotizzata e si sarebbe risvegliata e fuggita mentre l’uomo dormiva. Ed è rimasto anche l’ulteriore dubbio sull’eventuale coinvolgimento nella vicenda di un fantomatico “fidanzato” della ragazza, viste le tracce anche di un dna maschile sul corpo della vittima. Ma i giudici hanno osservato, in definitiva, che "le incertezze sulla ricostruzione" dei fatti determinano una situazione di inevitabile "incertezza probatoria". Nessuna prova sicura nemmeno sulla legittima difesa, dunque. Ma nel dubbio, la Corte - presidente Guido Piffer - non ha potuto far altro che imboccare la strada più favorevole all’imputata e assolverla.