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Cityscoot, addio a Milano. La bolla sharing economy

Il più grande servizio di motorini elettrici si ferma: troppe difficoltà finanziarie

Addio a quello che è stato presentato come "il più grande servizio di scooter sharing elettrico disponibile a Milano". Arriva all’epilogo, nel capoluogo lombardo, l’avventura di Cityscoot, che ha riempito le strade della città con i suoi scooter bianchi e blu prenotabili via app. La società ha presentato infatti un’istanza di insolvenza al Tribunale di Commercio di Parigi, dove ha sede la casa madre, chiedendo "protezione" dai creditori mentre cerca nuovi investitori "per la sua nuova flotta di scooter elettrici". Un passaggio reso noto dalla stessa aziende che ha presentato una richiesta di sospensione dei pagamenti, il primo passo sulla strada dell’amministrazione controllata. E la crisi in Francia fa sentire i suoi primi effetti proprio in Italia, dove il servizio a Milano e Torino verrà sospeso dal 30 novembre "a tempo indeterminato". "Avremmo preferito darvi una bella notizia – ha comunicato l’azienda agli utenti registrati sulla piattaforma di prenotazione –. Tuttavia, ormai da qualche tempo, Cityscoot affronta notevoli difficoltà finanziarie. Nonostante i nostri numerosi sforzi per restare aperti, le nostre energie non sono bastate. Pertanto, con estremo rammarico, siamo costretti a sospendere il servizio a Torino ed a Milano dal 30 novembre a tempo indeterminato. Abbiamo un solo obiettivo: tornare. Faremo tutto il possibile per mantenere questa promessa".

C’è tempo quindi fino al 30 novembre per utilizzare i minuti residui. Poi si spegneranno gli scooter elettrici. "Siamo particolarmente orgogliosi di aver potuto contribuire fattivamente a questa piccola rivoluzione che è la mobilità dolce nelle nostre città – è la conclusione del messaggio –. Dal 2018 Cityscoot Italia ha gestito più di 3 milioni di viaggi per un totale di 150.000 utenti e 12 milioni di chilometri percorsi".

Una avventura all’epilogo nella sharing economy, e in generale nell’economia delle piattaforme, che non è un caso isolato. Anni di boom, fino a quando la bolla sostenuta da massicci investimenti è scoppiata. Ha chiuso la piattaforma Swafpiets, che permetteva di noleggiare a lungo termine bici, e-bike o altri mezzi green. Si sono ritirate da Milano startup che hanno fatto il loro ingresso in Italia cavalcando l’onda delle consegne di cibo e altri prodotti a domicilio. La prima ad andarsene è stata la tedesca Gorillas, seguita a stretto giro dall’“unicorno“ turco Getir. Poi è scoppiato il caso Uber Eats, con una ritirata dall’Italia passata anche attraverso una battaglia in Tribunale per i diritti dei rider lasciati a casa da un giorno all’altro con una email. Nel risiko si inserisce anche l’accordo commerciale stretto di recente fra il colosso Just Eat e l’operatore di food delivery italiano Mymenu. Mymenu chiude il servizio rivolto ai privati, facendo transitare anche i ristoranti convenzionati sulla piattaforma Just Eat. E i rider? "Saranno agevolati nella candidatura per entrare a far parte della squadra di Just Eat – spiega l’azienda – già attiva con il proprio modello di delivery tramite rider dipendenti".

Andrea Gianni