SIMONA BALLATORE
Cronaca

I cinema parrocchiali battono crisi e multisala: "Creiamo comunità"

Sono i "nuovi cinema paradiso”, brillano a Milano molto più che a Roma e senza di loro molti paesi sarebbero ormai al buio

Cinema parrocchiali

Milano, 3 maggio 2017 – Sono i "nuovi cinema paradiso”, brillano a Milano molto più che a Roma e senza di loro molti paesi sarebbero ormai al buio, senza schermi: sono le cosiddette “Sale della comunità”, gestite dalle parrocchie e sotto la lente di una ricerca condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano che ha analizzato 272 sale, di cui 31 fra Milano e hinterland. Hanno superato la crisi degli anni Settanta, si sono difese dai multisala e hanno dovuto superare la “conversione” al digitale, l’ultima selezione naturale. Qualche collega non ce l’ha fatta, altre resistono tenaci ma per i curatori della ricerca – Maria Grazia Fanchi e Alberto Bourlot – non vi è dubbio, la sala della comunità «è meglio di un campo da calcio». La diocesi di Milano conta un centinaio di sale, fra gli schermi più storici della città ci sono l’Auditorium San Fedele, dei gesuiti, il “Gregoriano” – famoso anche per un famoso premio che ogni anno viene dedicato ad attori e registi – il “Rosetum” dei cappuccini in piazza Velasquez o, ancora, il Don Bosco in via Melchiorre Gioia, dei salesiani. Il Beltrade, sempre della parrocchia, è un caso interessante a sé, da un anno è gestito da un’associazione Barz and Hippo: trovi film in lingua originale. Ma la programmazione varia e spesso “coraggiosa” è un tratto distintivo di molte delle sale milanesi gestite dalle parrocchie.

Si va dall’ultimo caso dell’anno “Quo vado?” di Checco Zalone che ha sbancato anche qui, alle pellicole d’autore, questa settimana “I guardiani della galassia – volume 2” della Marvel se la vedranno con “La tenerezza” di Gianni Amelio e “The Circle” di James Ponsoldt. Non si chiudono gli occhi. Sono passati pure “Il caso Spotlight” e “Filomena”, film d’accusa alla chiesa cattolica. «Pensiamo che il cinema sia un veicolo per poter incontrarci e parlare alla gente a 360 gradi – spiega don Gianluca Bernardini, presidente di Acec Milano –. Per noi il cinema è un luogo che sta fra la piazza e la chiesa, dove si annunciano valori universali. I nostri sono cinema inclusivi, non esclusivi». Fra prime visioni e cineforum è passata “La bicicletta verde”. «Prolunghiamo la vita a molti film che si perderebbero nel giro di una settimana perché escono subito dalla programmazione», ricorda il referente di cinema e teatro della Diocesi, che cura pure la rubrica “Parliamone con un film”. L’età del pubblico nelle sale milanesi censite? La fascia più ampia ha dai 36 ai 65 anni, seguono gli under 9 anni e gli over 65.

La maggior parte del pubblico arriva dalla città (35,48%), il 29,03% dalla parrocchia, il 12,90 dalla provincia e il 22,6 dal quartiere. Sono sale aperte al quartiere che in Lombardia ospitano spesso enti pubblici e scuole, snobbano i partiti. «La sala della comunità è meglio di un campo di calcio – spiega Bourlot – perché non la si guarda solo in termini di ritorno economico. Dal punto di vista dei pubblici è capace di dare risposta a bisogni culturali che non verrebbero altrimenti soddisfatti. Dal punto di vista dei territori la sala accoglie una pluralità di attività che nascono spesso a livello locale. E, infine, dal punto di vista ecclesiale partecipa in qualche modo allo sforzo di evangelizzazione, stabilendo specificamente un contatto anche con chi non frequenta diversamente la parrocchia e consentendo un dialogo che si allarga per cerchi concentrici a fasce più ampie di popolazione».