
È ancora ricoverata in gravi condizioni al Niguarda la ciclista italo-peruviana di 55 anni travolta lunedì pomeriggio da una Toyota lungo il Naviglio Pavese. Operata nella notte per il grave trauma cranico riportato nell’impatto, la donna è in prognosi riservata: le sue condizioni vengono costantemente monitorate dai medici per seguire l’evoluzione del quadro clinico.
Secondo una prima ricostruzione della polizia locale, la bici e l’auto stavano percorrendo via Ascanio Sforza nella stessa direzione, verso la periferia: poco dopo l’incrocio con viale Tibaldi, all’altezza del civico 73, la macchina avrebbe tamponato la bicicletta, facendo rovinare a terra la cinquantacinquenne. Il conducente si è subito fermato per prestare i primi soccorsi e chiamare il 112. La dinamica è ancora da chiarire: i vigili stanno cercando di capire, anche con l’aiuto delle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza, se la Toyota, che seguiva la bici a breve distanza, abbia compiuto una manovra azzardata per superarla o se il tamponamento sia stato originato da una distrazione dell’uomo al volante.
Quello dell’altro ieri non è che l’ultimo di una serie di incidenti che nel 2023 hanno coinvolto ciclisti, spesso con esiti letali e con dinamiche sinistramente simili. In quattro casi, è stato l’angolo cieco di un camion o di un furgone a rivestire un ruolo determinante quanto drammatico: stiamo parlando degli investimenti che hanno provocato i decessi di Francesca Veronica D’Incà in piazzale Loreto, di Cristina Scozia in corso di Porta Vittoria, di Alfina D’Amato in piazza Durante e di Tianjiao Li in via Comasina. Discorso diverso va fatto per la tragica fine della ventottenne Francesca Quaglia, morta il 29 agosto all’incrocio tra viale Caldara e corso di Porta Romana: la bici della traduttrice si trovava davanti al mezzo pesante quando è stata agganciata alla ripartenza al semaforo e trascinata per alcuni metri.
Giulia Bonezzi
Nicola Palma