
Chiara Costa, responsabile dei programmi di Fondazione Prada
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Milano - La prima cosa che fa la mattina appena sveglia è parlarsi con Miuccia Prada per poi risentirla, ancora una seconda volta, a tardissima sera. "Un filo diretto, lei segue da vicino la sua 'creatura' ma ovviamente, mi dice scherzando (ma non troppo) che prima deve lavorare!". Chiara Costa, 44 anni, storica dell’arte, ricercatrice è dal 2019 Head of Programs di Fondazione Prada per Milano e Venezia con l’incarico di coordinare lo sviluppo della programmazione culturale e di seguire le relazioni istituzionali della Fondazione.
Cosa pensa della città a 15 minuti, asse portante dei progetti urbanistici post Covid del Comune di Milano, con i fondi del Recovery fund? "La città è piccola, ci sono tutti gli elementi per sviluppare questo modello. Bisogna spingere su un cambiamento culturale. Sono anni decisivi, non si può andare con il pilota automatico. Le faccio un esempio...qui siamo a due chilometri dal Duomo in linea d’aria eppure noi stessi ci sentiamo ancora in "periferia". La finestra dell’ufficio di questa ex distilleria trasformata in museo dalla Fondazione Prada si affaccia sull’Ex Scalo Ferroviario di Porta Romana. Qui sorgerà il Villaggio Olimpico e dopo i Giochi gli spazi verranno riconvertiti a social housing. Si adesso è tutto vero..e sono molto curiosa di vedere come cambierà ancora la zona. Oggi circumnavigando questi spazi ogni giorno per arrivare qui mi rendo conto come ci siano dei “buchi“ urbanistici, un territorio da ricucire; è come se un enorme fossato richiudesse il centro. C’è l’idea della città policentrica ma i milanesi hanno ancora la sindrome da "cerchia dei navigli". L’esperienza che abbiamo fatto in questi anni ci dice che la rigenerazione urbana si fa con inclusione e progetti di alta qualità. Questo quartiere è cambiato tantissimo da quando noi siamo qui, ossia dal 2015. La sera uscivamo tardi, qui intorno avevamo spaccio e prostituzione, e io ho avuto anche paura. Oggi c’è Symbiosis in piazza Olivetti e le agenzie immobiliari parlano di South of Prada". Fa pensare a Tribeca, quartiere di New York, molto snob. Anche voi lo siete... "Se snob vuol dire fare le cose bene allora lo siamo e felicemente. Abbiamo scelto di fare cose difficili ma non esclusive, anzi vogliamo parlare a tutti di argomenti forse ancora ritenuti inavvicinabili. Ad esempio il nostro progetto sulle neuroscienze. L’anno prossimo durante la Biennale d’arte a Venezia presenteremo una mostra sul cervello senza opere d’arte. Paura di essere incompresi? Si ma abbiamo una responsabilità e vogliamo essere un luogo di pensero". Altri progetti? "Ripartiamo dalla musica e dalla collaborazione importante con Riccardo Muti dal 4 al 15 dicembre. Dal 31 marzo al 22 agosto avremo Useless Bodies , mostra del duo di artisti Elmgreen & Dragset con prestiti da musei internazionali. Anche in questo caso indagheremo la condizione del corpo in relazione ai cambiamenti sociali e culturali del presente. E ancora, Role Play, una mostra fotogr afica a cura di Melissa Harris, dal 17 febbraio al 27 giugno 2022, all’Osservatorio Fondazione Prada in Galleria a Milano". Tutte iniziative a pagamento. "Abbiamo l’Accademia dei bambini, uno spazio bellissimo che abbiamo riaperto, sopra il Barl Luce, che è gratuito. E ci siamo impuntati per mantenere il biglietto d’ingresso gratuito fino a 18 anni". Con la mostra su Gnoli avete avuto un risultato da blockbuster...con oltre 4 mila persone nel solo weekend. "Un caso interessante. Un effetto non voluto perchè per noi vengono prima i contenuti e poi i numeri. Abbiamo proposto un autore poco conosciuto che il pubblico, soprattutto quello più giovane, che è molto curioso, ha apprezzato". Fondazione Prada e Hangar Bicocca, i big dell’arte contemporanea in città. C’è competizione? "No, stiamo anche progettando iniziative in comune. E in passato Steve McQueen ha fatto una bellissima mostra da noi". Cosa manca secondo lei a Milano? "Mi piacerebbe veder mescolati i settori. Vorrei che gli artisti milanesi frequentassero i registi così come gli scrittori e gli scienziati; uno scambio trasversale, dove i giovani potrebbero essere i protagonisti. La Fondazione può essere un buon terreno di coltura per stimolare questa interdisciplinarità".