DIMARIANNA VAZZANA
Cronaca

Cheikh, in un libro la fiaba dello stilista senegalese

Affetto da poliomielite è anche campione di basket in carrozzina e musicista. "Nella mia sartoria mescolo stoffe diverse come le culture"

di Marianna Vazzana

Nel suo laboratorio-sartoria di via Pepe, al quartiere Isola, fa incontrare i wax, i coloratissimi tessuti africani, stampati e cerati su entrambi i lati, con stoffe in jeans, lana e velluto. "Voglio unire culture lontane anche nei miei abiti", dice Cheikh Diattara, quarantaseienne senegalese approdato in Italia quasi 10 anni fa, che non è solo sarto ma anche giocatore di pallacanestro in carrozzina nella squadra di Baket Seregno e molto altro. La sua condizione “svantaggiosa“, "sono affetto da poliomielite fin da quando ero piccolo – racconta –, quindi mi sposto solo sulla carrozzina e riesco a stare in piedi solo con le stampelle", non gli ha mai tolto il sorriso. Anzi, è instancabile e si dedica a più attività. Perché è pure musicista: "Suono lo dijembè, il mio tamburo, al parco Sempione". Una storia da fiaba, diventata libro: “E ora vi racconto Cheikh - Maestro di felicità“ (collana Trasversale Beisler), in uscita il prossimo 4 novembre, a cura della scrittrice Emanuela Nava e con le illustrazioni di Anna Sutor. Pagine che consentono di migrare da un continente all’altro, dall’Africa all’Europa, e da Dakar a Milano. Al centro c’è la vita di questo “dispensatore di speranza“ che non si è mai arreso e che anzi ogni giorno è di ispirazione per le altre persone. Con le sue mani eleganti, di giorno taglia, modella e cuce. Di sera si allena con la sua squadra e nel tempo libero suona il suo strumento.

Primogenito di una famiglia con 6 figli, a Dakar ha frequentato un centro di formazione per disabili dove ha imparato a cucire, a giocare a pallacanestro e a suonare. Nella capitale del Senegal era già famoso perché dal suo piccolo villaggio era finito a giocare nella nazionale di basket. In Italia è arrivato nel 2013, al seguito della compagnia di danza Andyrithmo, e ha deciso di restare per giocare a basket. Prima nel Cantù, oggi a Seregno. "Sono stato ospitato al Centro di solidarietà San Marco, a Milano. Oggi vivo in una casa popolare del quartiere Bruzzano – fa sapere –. Il mio luogo del cuore è piazza Duomo: la prima volta che l’ho vista sono rimasto incantato. Mi hanno colpito anche i piccioni e ingenuamente ho chiesto “di chi sono?“ all’amico che mi accompagnava. Ero stupito, come un bambino".

Ma con la pallacanestro non poteva mantenersi, così ha cercato un lavoro chiedendo aiuto a Valeria Zanoni, giornalista e pierre. "Ci siamo incontrati 4 anni fa – sottolinea Zanoni –. Il lavoro non c’era e allora ce lo siamo inventato, creando una piccola sartoria sociale nel quartiere Isola, in uno spazio che ci è stato assegnato grazie a un bando comunale. Io mi occupo della parte amministrativa e della comunicazione". Il nome del laboratorio è “KeChic“, "che richiamano il neme di Cheikh". Un abito creato da lui è la “riproduzione delle diversità“ che riescono a parlarsi come nelle stoffe mescolate ad arte.