
A Napoli lo chiamavano “o’ marziano” per la sua cucina fuori dagli schemi, che sembrava arrivare da altri pianeti. E a Milano si era accontentato di diventare uno degli chef più ètoilé della città guidando la brigata di cucina del Park Hyatt, in Galleria. Sorpresa: mesi fa Andrea Aprea aveva fatto i bagagli, rinunciando alla vetrina che per 10 anni gli aveva saputo garantire il gioiello dell’hôtellerie meneghina assieme alle 2 stelle Michelin per i suoi piatti al “Vun”. Di più: aveva annunciato via Instagram l’apertura di un suo locale, in centro, evitando però indizi più precisi. Ora l’arcano è svelato: firmerà la sua cucina contemporanea nel ristorante gastronomico che verrà inaugurato all’inizio dell’anno, all’ultimo piano del Museo Etrusco voluto dalla Fondazione Luigi Rovati all’interno di un palazzo d’epoca al 52 di corso Venezia. Il locale si chiamerà “Andrea Aprea”, brand che lo chef famoso per i suoi “Percorsi Partenopei” estenderà dal rooftop alla corte interna su cui si affaccerà il bar-bistrot con soluzioni e concept food più informali. Progettato dall’architetto Flaviano Caprotti, si svilupperà su 210 metri quadrati, avrà 32 coperti e sfoggerà un invidiabile spazio scenico con vetrata panoramica sul parco di Porta Venezia e sulle architetture verticali di Milano. Mentre il bar-bistro diventerà il naturale rifugio goloso per gli ospiti del nuovo museo oltre che, ovviamente, di turisti e avventori a passeggio in centro. Avventura che Aprea saluta dicendosi "felice di far parte di un’iniziativa e di una destinazione milanese dove si fonderanno l’arte, la cultura, l’educazione e la scoperta di inediti percorsi gastronomici". Sfida non banale, che lo costringerà a riguadagnarsi i galloni nella gerarchia dell’alta cucina, ma alla portata di uno chef che da giovane si era distinto all’estero, specie in locali di prestigio del Regno Unito e che, in Italia, si era messo in mostra al Bulgari di Milano con Elio Sironi e nella sua Napoli, al ristorante “Il Comandante”, infine al Vun e al Park Hyatt. Ambizioso, open-minded, capace di vivere in mille posti senza mai sentirsi un estraneo, il cuoco senza frontiere non ha certo l’aria di accontentarsi. E l’obiettivo è sottinteso: le “stelle” possono momentaneamente congelate. Ma anche essere confermate. E tornare. P.G.