
di Giovanni Chiodini
All’associazione Madni è stato riconosciuto il diritto di riprendere i lavori in via Friuli e completare la realizzazione di un centro culturale islamico, ma il Comune (che aveva sospeso l’autorizzazione) non è ritenuto colpevole di alcun addebito. Lo ha stabilito il Tribunale Amministrativo, accogliendo il ricorso presentato dall’associazione islamica. Una decisione conseguente a quella che nei mesi scorsi aveva assunto la Corte Costituzionale dichiarando illegittima la cosiddetta legge "anti moschee" della Regione Lombardia. Gli islamici potranno quindi continuare nel loro progetto ma senza alcun rimborso da parte del Comune. I giudici hanno ribadito che "la richiesta di risarcimento dei danni derivanti dal provvedimento di annullamento in autotutela del titolo edilizio non può essere accolta in quanto difetta quanto meno dall’elemento soggettivo della colpa in quanto l’amministrazione comunale ha agito dando applicazione della legge in quel momento vigente". "Alcun rimprovero – scrivono i giudici – può essere, sul punto, mosso alla stessa amministrazione".
"Ancora una volta, ed è la seconda, il Tar ha confermato che il Comune ha agito correttamente, nel pieno rispetto delle regole. E’ la Regione Lombardia che si deve fare qualche domanda, visto che i suoi provvedimenti a riguardo sono stati dichiarati illegittimi" è stato il commento del sindaco Giuseppe Pignatiello. "Quanto prima provvederemo a definire il piano delle strutture religiose, con i relativi standard". L’associazione Madni ha intenzione di realizzare in via Friuli una struttura dove gli islamici si potranno ritrovare anche per i loro tradizionali momenti di festa e di preghiera nel corso dell’anno e dove svolgere attività culturali, come ad esempio l’insegnamento della lingua urdu ai bambini nati e cresciuti in Italia per non perdere la conoscenza delle proprie origini, l’insegnamento del Corano e delle norme di comportamento vigenti nel nostro Paese.
Per realizzare la struttura è previsto un investimento superiore ai 300mila euro che la comunità islamica raccogliera tra i molti pakistani ed egiziani che abitano a Castano e nei paesi della zona (nella sola città di Castano ci sono almeno 2mila persone di fede musulmana, 550 provenienti dal Pakistan, di cui 400 di nazionalità italiana). La vicenda ha avuto origine nel 2013 quando l’associazione Madni (il sindaco era Franco Rudoni di Forza Italia) chiedeva di un parere preventivo all’esercizio dell’attività di culto in un edificio in via Fiume, trasferendosi dai locali che sino a quel momento occupavano in via Moroni. Ottenuto un parere favorevole l’associazione acquista l’edificio. Nel 2015 (con sindaco Pignatiello) il Comune con un atto dirigenziale concede il permesso a costruire. Nel frattempo, entrata in vigore la legge regionale, l’amministrazione (che non dispone di un piano per le attrezzature religiose) nel 2016 in autotutela annulla la pratica col permesso di costruire, anche perché vengono rilevate delle controindicazioni all’insediamento di una struttura di culto in una zona ritenuta inadeguata (mancanza di parcheggi e criticità viabilistiche) e i lavori vengono sospesi. L’associazione ricorre quindi al Tar ma il 3 agosto del 2018 c’era la prima sentenza che da ragione al Comune. Ma il blocco dei lavori rimaneva comuque percè il Tar sollevava una questione sulla legittimità delle norme previste nella legge regionale "anti moschee". Norme che la Corte, definendo anticostituzionali, ha spianato dando modo a Madni di riprendere i lavori.