Milano, 13 ottobre 2023 – L’architetto Emilio Battisti, che l’anno scorso aveva sollevato il caso Beic, alla luce delle indagini a carico tra gli altri di Stefano Boeri e Cino Zucchi ribadisce la sua convinzione, senza entrare nel merito di un’inchiesta ancora alle battute iniziali: "Per una maggiore trasparenza le giurie dovrebbero essere composte da architetti internazionali, e non dovrebbero essere presiedute da professionisti milanesi". Questo per evitare possibili condizionamenti, incompatibilità, conflitti di interessi nell’ambiente relativamente ristretto di chi progetta grandi opere a Milano. Porta come esempio i due concorsi a inviti banditi dall’Università Bocconi - che essendo un ente privato non ne avrebbe l’obbligo - per la realizzazione dei due grandi ampliamenti vinti rispettivamente dallo studio irlandese Graton Architects e dal giapponese Sanaa. In entrambi i casi la giuria era presieduta da professionisti stranieri: Kenneth Frampton e Peter Cook.
Emilio Battisti, che nel corso della carriera tra gli altri lavori ha firmato anche la realizzazione di un edificio polifunzionale in prossimità della Galleria Vittorio Emanuele, sollevò il caso Beic a luglio dell’anno scorso, dopo che la gara vinta dal milanese Onsitestudio (scelto tra 44 progetti di studi di mezzo mondo) generò polemiche e malumori tra gli addetti ai lavori. Articoli su ’Il Giornale’, interventi sui social seguiti dalla replica di Cino Zucchi, e anche una sollecitazione all’Ordine degli architetti di Milano, di cui l’85enne Battisti è consigliere. Sollecitazione (non isolata, perché anche altri professionisti manifestarono le loro perplessità su quella gara), sfociata in una richiesta di accesso agli atti della gara da parte dell’Ordine, che poi affidò a uno studio legale l’incarico per valutare la spinosa questione.
L’indagine interna, come ha spiegato al ’Giorno’ il presidente dell’Ordine, Federico Aldini, ha dato esito "negativo", perché "non si intravedevano profili di incompatibilità" e possibili irregolarità su quella gara. Per l’Ordine, quindi, il caso era chiuso. Da allora mesi di silenzio, fino alle perquisizioni e alla notizia delle indagini su una presunta turbativa d’asta che vede coinvolti Boeri, Zucchi e i ricercatori che lavorano con loro in università Angelo Lunati e Giancarlo Floridi, oltre a Manuela Fantini, in rapporti di "collaborazione professionale" con Boeri. Un’indagine che potrebbe allargarsi, perché era compito della "stazione appaltante", ossia del Comune di Milano con il responsabile unico del procedimento, il Rup, verificare l’incompatibilità per un conflitto di interessi tra commissari e candidati al concorso di progettazione internazionale per la realizzazione della nuova Beic, la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. I pm Giancarla Serafini, Paolo Filippini, Mauro Clerici e l’aggiunto Tiziana Siciliano, dopo le acquisizioni e le perquisizioni anche a Palazzo Marino, puntano ad accertare, infatti, se il Rup, ovvero la dirigente del settore Rigenerazione Urbana Simona Collarini, allo stato non indagata, abbia esercitato o meno i suoi doveri di vigilanza come indicato dalle linee guida Anac e dallo stesso bando della gara, vinta da una cordata in cui il capofila era Lunati e composta da 13 professionisti, tra cui anche Floridi e Fantini.
Proprio su questo capitolo, oltre che su un eventuale accordo, al momento non individuato, per pilotare la gara, inquirenti e investigatori intendono far luce con le analisi di tutto il materiale raccolto. Tornando all’anno scorso, il 19 luglio 2022 Emilio Battisti scriveva un post su Facebook dopo la pubblicazione dei risultati del concorso Beic, sollevando il tema dell’anonimato e della composizione delle giurie: "Se composte prevalentemente da membri scelti e nominati in ambito locale, per quanto i giurati possano essere autorevoli e autonomi, non potranno sottrarsi all’influsso dell’ambiente professionale di cui fanno parte e soprattutto i membri architetti potranno risultarne condizionati anche per motivi puramente culturali, sempre che non sussistano specifici motivi di incompatibilità". Post al quale seguì la replica di Cino Zucchi. L’architetto di fama internazionale, ora indagato, sottolineava che "tutti i membri della giuria hanno esaminato, discusso e valutato la totalità dei 44 progetti alla luce dei criteri indicati dal bando, e non vi è stata nessuna forzatura da parte di alcun membro in nessuna fase".