Case Aler messe in vendita, i cinesi vincono le aste

Nel 2018 il sorpasso sugli italiani

Case popolari Aler

Case popolari Aler

Milano, 28 settembre 2018 - I destini dei quartieri passano anche dagli esiti delle aste nelle quali si mettono in vendita gli alloggi popolari. Esiti che rappresentano una spia della composizione sociale che va via via affermandosi nelle periferie e delle probabilità di centrare un obiettivo condiviso da più parti: quello del mix sociale, dell’evitare che si creino ghetti, dell’evitare di dover cedere a francesismi in questo caso infausti quali quello evocato da «banlieue». Quali riscontri restituiscono, allora, le aste con le quali Aler Milano ha messo in vendita i propri appartamenti in questi anni, scelta dovuta anche alla necessità di far quadrare il bilancio?

I dati presi in considerazione sono relativi alle aste succedutesi dal 18 febbraio 2015 al 26 luglio 2018. E il primo riscontro è il seguente: gli stranieri che hanno deciso di acquistare un alloggio popolare sono aumentati di anno in anno fino a superare, nei primi 7 mesi del 2018, gli italiani. Nel 2015 gli appartamenti acquistati da italiani ammontavano a 190 a fronte dei 29 acquistati da stranieri, nel 2016 si sono contati 151 appartamenti ceduti a italiani e 64 a stranieri, l’anno successivo 166 a italiani e 87 a stranieri. Da gennaio a luglio 2018 si è consumato il sorpasso: gli stranieri si sono aggiudicati 95 appartamenti, gli italiani 79. Nell’arco degli ultimi tre anni e mezzo, gli extracomunitari hanno comprato il 32% delle case vendute da Aler Milano: nel dettaglio 275 su 863. E tra questi sono i cinesi a primeggiare: a loro è andato il 30% degli alloggi acquistati da extracomunitari. Seguono nordafricani e asiatici. Le periferie incluse in queste aste sono le storiche: San Siro (piazzale Selinunte), Gratosoglio (via Costantino Baroni e Saponaro), Quarto Oggiaro (via De Pisis) o Comasina. Non è finita, però. Dall’analisi degli esiti delle aste emergono anche altri due dati. Il primo: Aler fa fatica a vendere. Il secondo: Aler, fuori dal capoluogo, non vende proprio. Dal 2015 al luglio 2018 gli appartamenti offerti all’asta, tra città e provincia, sono stati 1.398. Di questi, come detto, sono stati venduti 863, pari al 61,7%. Quattro alloggi ogni 10 restano nel limbo. Quelli finiti all’asta e localizzati fuori Milano sono stati 342. Ma solo 82 sono stati venduti, solo il 24%. In entrambi i casi, Aler incassa meno di quanto potrebbe e, soprattutto, di quanto preventivato.

Numeri che suscitano dibattito. «Mi viene da sorridere perché la Giunta della Regione, per le assegnazioni delle case popolari, ha fatto un regolamento folle e inapplicabile con l’obiettivo di favorire il mix sociale nei quartieri e in particolare, uso le loro parole, gli italiani – ricorda Carmela Rozza, consigliere regionale del Pd –. Ma quando si tratta di vendere e incassare va tutto bene. Il punto vero è che questi dati fotografano la demagogia delle loro affermazioni e delle loro leggi. Senza contare che il nuovo regolamento per le assegnazioni, promesso per metà settembre, e la relativa legge sono in stallo totale. Infine, sarebbe meglio organizzare una campagna informativa efficace per far sapere ai cittadini che ci sono le aste».

L’Aassessore regionale alle Politiche abitative non ci sta: «Gli stranieri che acquistano le case popolari hanno il reddito per poterlo fare e i requisiti per aprire un mutuo – replica Stefano Bolognini –, mentre sul fronte delle graduatorie succede ci sia chi fa il furbo, presenta dichiarazioni mendaci, soprattutto sui beni posseduti nel Paese d’origine, scavalca gli italiani senza averne diritto e poi non paga l’affitto. Sono due ambiti e due fenomeni diversi. Le nuove regole per l’assegnazione saranno approvate in Giunta entro ottobre ed entro marzo entrerà in vigore la nuova legge. Quanto all’invenduto nell’hinterland – conclude Bolognini –, il problema esiste ma ci stiamo già lavorando: stiamo pensando di dare quegli alloggi in affitto calmierato ad alcune categorie particolari di lavoratori dell’hinterland, ad esempio gli agenti di polizia penitenziaria in servizio in carceri quali Opera o Bollate, e gli infermieri degli ospedali. Per questo ho già incontrato Jacopo Morrone, sottosegretario alla Giustizia, e Luigi Pagano, provveditore regionale alle carceri».

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