
L'assessore Gabriele Rabaiotti
Milano, 17 febbraio 2021 - I sindacati parlano di "esternalizzazione" e "privatizzazione" di un simbolo della Milano solidale, Casa Jannacci. Palazzo Marino getta acqua sul fuoco, parlando invece di una "razionalizzazione degli appalti" con l’affidamento a un gestore unico e negando un disimpegno dalla struttura che mette a disposizione 480 posti letto per persone in difficoltà. Una delibera di Giunta che rivoluziona la gestione del centro d’accoglienza di viale Ortles, approvata lo scorso 22 gennaio, è finita al centro delle polemiche, con sindacati e dipendenti comunali impiegati a Casa Jannacci che hanno proclamato una inedita protesta: il 23 febbraio si riuniranno in assemblea da remoto sulla piattaforma Zoom dalle 10 alle 13 e in contemporanea un gruppo manifesterà in largo Treves, dove ha sede la direzione Politiche sociali, per chiedere un incontro all’assessore Gabriele Rabaiotti.
In una nota firmata dalle sigle Fp-Cgil, Cisl-Fp, UilFpl e Csa, i sindacati accusano il Comune di aver deciso "quasi di nascosto e senza coinvolgere il sindacato di esternalizzare la “Casa dell’accoglienza“" intitolata nel 2014 al cantautore milanese Enzo Jannacci. In sostanza il Comune, come si legge nella delibera, procede a una "riorganizzazione della struttura che porti gradualmente a un affidamento “global“ di tutti i servizi in capo a un unico gestore" dopo un periodo di transizione di due anni. Un appalto unico con un unico gestore invece di diversi appalti “spacchettati“ per i vari servizi. Il problema, sollevato dai sindacati, nell’immediato ruota attorno al futuro della ventina di dipendenti comunali che ora lavorano a Casa Jannacci. Si occupano della fornitura di buoni pasto e biglietti Atm, degli "acquisti di materiali di consumo", di manutenzione ordinaria e straordinaria. Attività che in futuro dovrebbero essere affidate al gestore unico, una società esterna.
Ma la polemica si allarga anche al concetto di welfare. Vincenzo Greco, della Cgil di Milano, spiega che "ora il Comune sceglie di arretrare, uscire dall’intervento diretto e ricavarsi il ruolo di regista". "Pensiamo che sia sbagliato segnare nuovamente l’idea – prosegue – che la pratica dell’appalto nel campo delle politiche sociali aiuti di più e meglio i soggetti più svantaggiati. Spesso è proprio in questo segmento di lavoro che si nasconde la riduzione dei diritti dei lavoratori che paradossalmente sono deputati ad aiutare le persone in difficoltà". Palazzo Marino, replicando alle accuse, sottolinea che "non ci sarà alcun arretramento" ma piuttosto la "razionalizzazione del sistema degli appalti nell’ambito di un modello misto pubblico-privato già applicato da anni".
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