NICOLA PALMA
Cronaca

Carta Famiglia, il giudice boccia il Governo

Accolto il ricorso di Asgi: "Discriminati i cittadini extra Ue". Una multa di 100 euro per ogni giorno di ritardo nella modifica del sito

di Nicola Palma

Il Governo italiano ha discriminato i cittadini originari di Paesi extra Ue, non inserendoli nel 2020 tra i potenziali beneficiari della "Carta della famiglia". Il giudice del lavoro Giorgio Mariani ha accolto il ricorso di Asgi, Avvocati per niente onlus e Naga e ordinato al Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri di modificare il portale telematico per consentire l’accesso al servizio per il 2020 anche ai soggiornanti di lungo periodo, ai rifugiati e ai titolari di permesso unico di lavoro, Carta blu Ue e protezione sussidiaria.

Peccato che la piattaforma cartafamiglia.gov.it non sia più attiva dal primo gennaio scorso, visto che la legge di Bilancio 2022 non ha rifinanziato l’iniziativa che garantiva ai genitori con almeno tre figli di età non superiore a 26 anni sconti e riduzioni tariffarie sull’acquisto di beni e servizi da aziende pubbliche e private convenzionate. In ogni caso, Palazzo Chigi dovrà trovare un modo per rispettare il verdetto, che ha disposto tra l’altro il rimborso delle spese legali (7.500 euro) agli avvocati Alberto Guariso, Livio Neri e Ilaria Traina e il pagamento a ciascuna associazione ricorrente di 100 euro per ogni giorno di ritardo "nell’adempimento degli obblighi", a partire dal novantesimo giorno successivo alla notifica dell’ordinanza. La battaglia legale ha avuto inizio il 31 marzo 2020, quando Asgi, Avvocati per niente e Naga hanno scritto alla Presidenza del Consiglio dei ministri per denunciare la discriminazione dei cittadini extra Ue, esclusi dalla "Carta della famiglia".

La lettera è rimasta senza risposta, e così il 29 giugno le tre associazioni si sono rivolte al Tribunale del lavoro di Milano per avviare il procedimento speciale per le controversie in materia di discriminazione. In particolare, i ricorrenti si sono concentrati sul presunto contrasto tra la norma nazionale che ha dato vita all’iniziativa e le disposizioni di diritto dell’Unione europea, sostenendo che una misura come la "Carta della famiglia" va ascritta al capitolo "prestazioni sociali, assistenza sociale e protezione sociale". Una tesi avversata dall’Avvocatura dello Stato, che ha negato che la tessera rientri "nella nozione di “assistenza e protezione sociali”", visto che "prescinde dal reddito dei destinatari"; così come ha escluso che si tratti di "prestazioni familiari", considerato che "non vi è alcun contributo pubblico al finanziamento degli oneri di mantenimento dei figli".

Per risolvere la controversia, il giudice del lavoro ha deciso di chiedere un’interpretazione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Che ha risposto il 28 ottobre 2021, spiegando in sostanza che le direttive Ue prese in esame sono contrarie alla legge che ha introdotto nel 2016 la "Carta della famiglia" nella parte "in cui esclude dal beneficio i cittadini di Paesi terzi titolari di uno status protetto dal diritto dell’Unione". Acquisito quel parere, il giudice Mariani ha accertato la condotta discriminatoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e ordinato al Dipartimento per le politiche della famiglia di correre immediatamente ai ripari.