Carcere Beccaria, sacchi di sabbia e celle specifiche per picchiare i detenuti: così gli agenti torturavano i minori

Il procurato Marcello Viola ha fornito i dettagli delle indagini che hanno portato all’arresto di tredici poliziotti della penitenziaria. La giustificazione della “funzione educativa”

Milano, 22 aprile 2024 – Per non lasciare segni delle violenze sui corpi dei giovani detenuti, gli agenti della polizia penitenziaria indagati utilizzavano anche sacchetti di sabbia per colpirli. E i ragazzi (le vittime sono una dozzina) sarebbero arrivati a "darsi pizzicotti per provocarsi dei lividi" proprio per lasciare una traccia in corrispondenza delle parti del corpo dove avevano subito lesioni.

Milano, carcere minorile Beccaria
Milano, carcere minorile Beccaria

In alcuni casi venivano ammanettati con le mani dietro la schiena per impedirgli di muoversi, sottoposti a pestaggi che avvenivano in un ufficio o in stanze che gli stessi ragazzi definivano "celle di isolamento". Sono alcuni dei dettagli che emergono dalle indagini che hanno portato all'arresto di agenti della polizia penitenziaria all'epoca in servizio nel carcere minorile Beccaria di Milano.

"Una vicenda dolorosa - ha spiegato il procuratore di Milano Marcello Viola - una brutta pagina per le istituzioni, ma va garantito il rispetto della legge. Il carcere è un luogo di sofferenza e va fatto di tutto perché questa sofferenza non venga aggravata, soprattutto quando si tratta di minori".

La giustificazione della “funzione educativa”

L'indagine coordinata dai pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena e condotta dalla Squadra mobile e dal Nucleo investigativo della polizia penitenziaria è partita da segnalazioni e denunce raccolte anche dal Garante dei detenuti del Comune di Milano. Gli agenti indagati avrebbero giustificato i pestaggi anche con una "funzione educativa" verso i detenuti minorenni.

Reagivano con "disappunto" alle richieste di spiegazioni dei superiori sul loro atteggiamento, cercando anche di insabbiare e "aggiustare" relazioni di servizio. "Chi per primo ha cercato di troncare questa situazione ha avuto difficoltà - ha spiegato il procuratore aggiunto Letizia Mannella - ma l'aspetto positivo è che gli anticorpi ci sono. Si tratta di mele marce, persone deviate".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro