Caporalato, sorvegliante chiede il patteggiamento

Udienza preliminare per quattro persone tra cui Guglielmo Stagno d’Alcontres, ex bocconiano e fondatore di StraBerry a Cassina

di Monica Autunno

Caporalato a StraBerry, al via a Milano l’udienza preliminare, arrivano le prime richieste di patteggiamento: fra le altre, quella di uno degli addetti alla sorveglianza dei braccianti: l’istanza, concordata con il pm Grazia Colacicco, quella di un anno e mezzo di carcere. L’udienza è stata rinviata dal giudice Fabrizio Filice al prossimo 13 aprile. Alla sbarra sono in quattro, tutti accusati, a diverso titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento di manodopera: fra loro Guglielmo Stagno d’Alcontres, il 33enne di origini messinesi ed ex bocconiano fondatore e titolare di StraBerry, la start up modello per la coltivazione di fragole e frutti di bosco a Cassina de’ Pecchi. Il reato di sfruttamento, ricordiamolo, è contestato ai danni di 73 braccianti extracomunitari, addetti nelle serre cassinesi alla raccolta dei frutti. Molti di loro hanno chiesto la costituzione di parte civile. La distesa di serre nella frazione di Sant’Agata resta intanto sottoposta a sequestro. Un’istanza di dissequestro del gip era stata rigettata nello scorso aprile dal Riesame, su istanza del pm. Si scatenò nell’agosto del 2020 il ciclone che travolse la giovane azienda agricola, in fase di piena affermazione sul mercato, valore circa 7 milioni di euro, già icona di agricoltura sostenibile e green economy e resa celebre anche da originali idee promozionali, come quella della vendita dei prodotti sull’Apecar. Un’indagine, lunga e delicata, della Guardia di Finanza aveva svelato allora uno squallido scenario di sfruttamento. Per i braccianti turni massacranti fra fragole e frutti di bosco, una paga oraria fra i 4 e i 4,50 euro l’ora, controllo e pressioni, ma anche assenza di dispositivi di protezione, sicurezza e misure igienico sanitarie. Scattarono immediate denunce, sequestro e affidamento del sito, ettari ed ettari di serre, a un amministratore giudiziario. Indagati, in prima battuta, finirono in sette: il titolare, i sorveglianti, impiegati, un consulente per le buste paga. Oltre che sui terreni, il sequestro disposto dalla Procura calò su tutti i beni della società: immobili, veicoli e conti correnti. Negli atti nessuno sconto: "Gravi e perduranti violazioni delle norme che regolano l’impiego dei braccianti agricoli", "degradanti condizioni d’impiego nei campi, costrizione a sforzi fisici oltremodo gravosi, tesi a velocizzare la raccolta". Il quadro fu appesantito, nei mesi successivi, dalla pubblicazione di intercettazioni imbarazzanti: "Con i braccianti serve il metodo tribale - così il titolare Stagno d’Alcontres - io per loro sono il maschio alfa". Nella primavera dell’anno scorso l’istanza di dissequestro per le serre, per favorire una difficile continuità aziendale: per il gip Roberto Crepaldi, dopo quasi un anno di amministrazione provvisoria, potevano ritenersi superate le circostanze che avevano portato agli illeciti. Pochi mesi dopo l’accoglimento del ricorso del pm, e il nuovo sequestro. In oltre un anno e mezzo l’amministratore provvisorio ha portato avanti l’attività, in condizioni difficili e con l’obiettivo principe di ristabilire la legalità, regolarizzando contratti, stipulando i primi accordi sindacali, realizzando infrastrutture igieniche, promuovendo visite mediche e formazione alla sicurezza.

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