Caporalato, indagini su Brt e Geodis: “Migliaia di lavoratori sfruttati”

Il tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria per i due colossi della logistica sotto accusa anche per frode fiscale: “Risparmi per 100 milioni l’anno” e per i dipendenti “nemmeno l’ambulanza in caso di infortunio”

Un mezzo Bartolini

Un mezzo Bartolini

Milano, 27 marzo 2023 - Per Brt, la storica azienda italiana ex Bartolini attiva nelle spedizioni e colosso della logistica in Italia e per la filiale italiana di Geodis, società dello stesso settore, entrambe controllate da due diversi gruppi francesi a capitale anche statale, è stata disposta l'amministrazione giudiziaria per un anno da parte della sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese per caporalato. Le due aziende erano già finite al centro di tranche di indagini, coordinate dal pm Paolo Storari, con sequestri per un totale di oltre 120 milioni di euro eseguiti dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza milanese, per una presunta maxi frode fiscale realizzata attraverso la gestione, ritenuta illecita, dei cosiddetti “serbatoi di manodopera", ossia lavoratori messi a disposizione, senza tutele, da società intermediarie e cooperative per le due grandi aziende.

“Migliaia di lavoratori sfruttati”

Le indagini, condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza, “hanno consentito di accertare che i committenti - spiegano gli investigatori - al fine di proporsi sul mercato con prezzi oltremodo competitivi ‘approfittavano’ dello stato di necessità dei lavoratori” e “li sottoponevano a orari e ritmi di lavoro estenuanti, peraltro sottopagandoli”. Ma non è tutto. In caso di "infortuni sul lavoro" Brt evitava “di chiamare l'ambulanza e l'infortunato” veniva “portato in ospedale da una persona di fiducia", scrivono i giudici nel decreto con cui è stata disposta l'amministrazione giudiziaria per caporalato.

Dipendenti come pacchi: spostati da una coop all’altra

Nel provvedimento dei giudici (Rispoli-Cernuto-Spagnuolo Vigorita) vengono riassunte le dichiarazioni a verbale di decine di lavoratori che sarebbero stati sfruttati, attraverso un sistema di cooperative in rapporti con Brt. Come hanno chiarito gli operai non avevano diritto a “visite mediche”, né a “corsi di formazione” ed erano gli stessi operai a volte a dover contribuire per comprarsi alcuni “strumenti lavorativi”. Passavano da una “cooperativa all'altra”, si legge ancora, perdendo “ogni diritto di carattere economico”, come gli scatti di anzianità. E non venivano pagati durante le “ferie” e niente “tredicesima”. Il pagamento “dello stipendio” veniva qualificato “come 'trasferta Italia’ in modo da evitare il pagamento dei contributi”. In alcuni casi venivano pagati solo “a cottimo” per le consegne.

Risparmi per 100 milioni l’anno

Era una persona chiamata “caporale dei caporali”, scrivono i giudici, a scegliere i capi delle varie cooperative su “base etnica”. Un “sistema” questo, scrive il Tribunale, che “ha consentito a Brt di risparmiare a tutto detrimento dei lavoratori e dell'Erario la somma di 100milioni di euro all'anno". Le verifiche in corso da parte della Procura di Milano riguardano controlli di transumanza", ossia il passaggio da una cooperativa all'altra in rapporti con l'azienda leader nelle consegne, su quasi 3mila fornitori di manodopera per una “forza lavoro” in totale di “26.105 autisti”.

Teste: “Finti padroncini dipendenti da Brt”

"Quella attuata da Brt - ha messo a verbale una sindacalista in una denuncia riportata nel provvedimento dei giudici milanesi - deve essere considerata una chiara forma di intermediazione e interposizione di manodopera, poiché (...) tutti gli autisti delle società fornitrici di Brt, anche i cosiddetti finti padroncini o ibridi (...) dipendono direttamente da Brt”. Il teste ha riferito anche che “si assiste a un forma di sfruttamento di questa tipologia atipica di lavoratori”, che ci sono “corrieri che lavorano da più di vent'anni presso le filiali Brt, seppure questa circostanza non sia mai stata certificata” e che devono accettare “turni massacranti” nei quali vengono “pagati a cottimo”.

L’altra accusa: "Mazzette per far lavorare le coop”

Dall'inchiesta è emerso pure un nuovo dettaglio, ossia che l'ad di Brt Costantino Dalmazio Manti, secondo l'accusa, avrebbe incassato circa un milione di euro di presunte mazzette per far lavorare le cooperative. Agli atti, come si legge nel decreto del Tribunale, anche l'interrogatorio di Brt di Dalmazio Manti (tra gli indagati), il 6 marzo scorso, dal quale risulta che "ha ammesso di aver ricevuto denaro dal 2016 al 2022 da alcuni fornitori della Brt” per farli lavorare. Sempre a verbale le dichiarazioni di un “consulente giuslavorista della Brt”, un avvocato, che ha parlato del “meccanismo di gestione degli appalti in Brt” e di “200mila euro” incassati “dal Manti” e poi “girati alla moglie del Manti”. Ha spiegato anche che “le imprese lavoravano per Brt sottocosto”, ossia “costavano 90 milioni e Brt faceva un utile di 110 milioni”.

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