
di Monica Autunno
L’edificio non è che uno scheletro triste a ridosso binari, fra le recinzioni di cantiere. Avviato nell’ambito della riqualificazione dell’area di interscambio ferroviario un decennio fa, è abbandonato da nove anni. "Ma non è finita". Nei giorni scorsi un incontro fra la società ultima proprietaria dell’immobile e il Comune, tutti accompagnati dai rispettivi legali. Spiragli di ripresa. "Termini delle convenzioni non scaduti, garantiscono che confermeranno gli obblighi". Ma è un’ipotesi lastricata di incognite. La società risulterebbe in liquidazione. E l’ipotesi di riuscire ad alienare l’"ecomostro" pure alle porte dell’abitato è molto remota: "Abbiamo sondato anche come Comune. Non lo vuole nessuno". È tornata in consiglio la spinosa vicenda dell’area d’interscambio della stazione di Melzo. A presentare un’interrogazione la consigliera di minoranza Pinuccia Banfi. A relazionare su date e progetti, fideiussioni milionarie e ipotesi di via d’uscita il sindaco, Antonio Fusè. L’area di interscambio esterna allo scalo ferroviario melzese fu teatro di un massiccio progetto di riqualificazione finanziato con fondi europei e "pilotato" da una società di trasformazione urbana (Stu) ad hoc. Lo step pubblico arrivò con successo in porto: parcheggio, sottopassi, pensiline, l’edificio che ospita la Ciclofficina e il bar. Secondo step, con altro operatore e diverso percorso, la palazzina che avrebbe dovuto ospitare terziario e negozi, più la nuova sede della polizia locale. A garanzia del Comune, a fronte di una convenzione decennale con l’operatore privato, una fideiussione da 2 milioni e 700 mila euro. Successivamente una seconda da quasi 500 mila.
Un avvio cantiere costellato da intoppi, poi lo stop causa crisi. L’impresa edificatrice, Edilpadi srl, fu convocata a più riprese. I lavori si sarebbero dovuti concludere nel 2013, poi nel 2019, ma più nulla si è mosso. Il racconto del sindaco riparte da qui. "La prima impresa si fuse in seguito con altre nella Pacos srl. La buona notizia per quel che ci concerne è che la convenzione originaria è stata prorogata al 2025. E che le fideiussioni, entrambe, restano aperte, anche se ad ora non esigibili". Si, perchè la cattiva, o quantomeno singolare notizia, è che la convenzione non calendarizzava singole opere, "risulterebbe che non abbiamo nulla a imputare". Mentre gli incontri riprendono, lo scenario è mutato. Dal 2014 non esiste più la Stu "La Stazione", liquidata. E non esiste più necessità di nuova sede della polizia locale, già sistemata altrove. Ciò che conta è uscire dall’impasse: e cancellare la "piccola Beirut", sacca di degrado a rischio sicurezza fra stazione e posteggi. Dalla minoranza perplessità: "Ma come - così la Banfi - : sono passati nove anni e non potete imputare niente all’operatore? È incredibile". "Ciò che mi preme oggi non è la polemica - così il sindaco - ma chiarire che c’è un percorso. Pure nelle difficoltà, speriamo di uscirne".