Cannabis shop, giù le prime saracinesche. E c’è chi chiude come J-Ax a Milano

Dopo la Cassazione sequestri nei negozi. Un’esercente: "Io tengo aperto, sono sicura di rispettare la legge"

Il rapper Grido e il fratello J-Ax

Il rapper Grido e il fratello J-Ax

Milano, 1 giugno 2019 - La serranda è abbassata, mentre agli sguardi dei passanti si offre un laconico avviso: «Gentili clienti – si legge sul foglio bianco, infilato in una busta di plastica per raccoglitori ad anelli attaccata al metallo con del semplice nastro adesivo trasparente – preso atto della stringata informazione provvisoria della Corte suprema di Cassazione, emessa ieri e riportata dagli organi di stampa, Mr Nice store ha deciso, al fine di evitare indebite speculazioni, di astenersi, per il momento, dalla vendita dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa. Pertanto, fino a nuova e contraria comunicazione, il negozio rimarrà chiuso». Il negozio, tra i tanti shop che vendono prodotti di cannabis light fioriti all’ombra della Madonnina, è quello aperto lo scorso anno dal rapper J-Ax, Alessandro Aleotti, con il fratello Grido e Takagi, in via Bertini, zona Sarpi, che attira clienti e curiosi anche solo per la popolarità di chi tiene le redini. Ora è chiuso in attesa di avere un quadro chiaro sulla situazione, spiega lo staff del rapper. Di sicuro, l’atmosfera è tutta diversa da quella allegra di un anno fa, quando era stata organizzata una festa per inaugurare in quello spicchio di città la vendita della marijuana legale, con contenuto di Thc, la sostanza psicoattiva, inferiore allo 0,6%, il limite consentito allora.

Ora il clima è di attesa, niente più file di studenti universitari, avvocati, pensionati. Ma la marijuana light resta accessibile in altri punti della città. In corso Buenos Aires, arteria commerciale milanese per eccellenza, la porta del cannabis shop ad esempio è aperta come sempre. I clienti? Non mancano. Negozio attivo pure in via San Galdino: «All’inizio mi sono allarmata – spiega la titolare Laura Marinò, 37 anni – e ho voluto sentire un parere legale: mi è stato detto che la legge 242 del 2016 resta in vigore ma ci sono delle restrizioni. Sono assolutamente tranquilla perché il contenuto di Thc dei miei prodotti è basso, inferiore allo 0,5».

Le classiche foglie (con divieto di fumo), i liquidi per le sigarette elettroniche, i profumi, le tisane, i biscotti, le birre, ma anche la pasta, gli oli, le creme cosmetiche, le saponette e pure gli indumenti realizzati con la canapa sono tutti al loro posto e fanno bella mostra sugli scaffali. «Questo mercato ha un potenziale enorme che potrebbe essere sfruttato. Inoltre offre migliaia di posti di lavoro: non c’è solo chi vende, ma anche chi coltiva e chi fa da intermediario. Tante aziende sono rinate, perché colpirle e metterle gravemente in difficoltà? Sulla canapa c’è un pregiudizio, quando invece è un toccasana. Io ho clienti anziani che vengono a comprare olio Cbd, principio attivo che non possiede effetti psicotici, per attenuare i loro dolori. Piuttosto che vietare, serve una regolamentazione chiara». Lucia, 54 anni, cliente, rivela di aver ottenuto molti benefici. «Soffro di ipertensione: prendevo tre pastiglie al giorno, ora ne prendo una sola grazie alla canapa. Mi sono accorta che grazie a questa sostanza la pressione si abbassava naturalmente e adesso riesco a mantenerla costante, per me è stato un beneficio enorme. Non solo: ho consigliato i prodotti di cannabis ad altre due mie amiche, e adesso stanno meglio anche loro. Una ha la fibromialgia, l’altra aveva enormi difficoltà a muovere il collo dopo un’operazione. Le è bastato bere un semplice tè alla cannabis per sbloccarlo; passati cinque minuti, muoveva la testa senza sforzo e senza rendersene conto. Ora, di quel tè non ne fa più a meno». 

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