CHIARA EVANGELISTA
Cronaca

Milano, via le ultime cabine telefoniche. Ma c’è chi le piange: "Non portatecele via”

Le 649 cornette a gettoni ancora presenti in città potrebbero presto sparire. Ed è già nostalgia

Cabina telefonica in piazza Duomo

Cabina telefonica in piazza Duomo

“Cosa? Vogliono toglierle? Hanno da sempre fatto parte della mia vita". Vittorio Imbriani sgrana gli occhi nel momento in cui apprende la notizia: le cabine telefoniche potranno essere smantellate.

A fine maggio l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AgCom) ha stabilito che il gestore Tim non ha più l’obbligo di garantire il servizio. Sul futuro delle postazioni pubbliche la compagnia telefonica ha fatto sapere che "sta definendo lo scenario" ma che ci saranno "importanti attività di dismissione con selezionate opportunità di valorizzazione". In altri termini, delle 649 cabine presenti a Milano, resteranno in funzione sicuramente solo quelle che rispondono ad alcuni criteri, come trovarsi nelle carceri, negli ospedali, nelle caserme (e in luoghi scoperti dalla rete mobile, come i rifugi di montagna, ma questa fattispecie non riguarda il capoluogo lombardo). Le altre cabine, quelle che appartengono al paesaggio delle strade della città, sulla carta potrebbero essere rimosse anche tutte.

“C’è stato un tempo in cui si girava con in tasca non lo smartphone, ma i gettoni. Erano così preziosi da poter essere utilizzati al bar per pagare un caffè, al posto della moneta. Una singola chiamata durava pochi minuti e serviva per comunicare con la famiglia, con la fidanzata", racconta Vittorio. Le cabine telefoniche, nate proprio a Milano nel 1952, sono state una risorsa per chi, come Grazia Hor, passava le proprie giornate viaggiando. "Sono una podologa , anni fa mi recavo a domicilio dai miei clienti. Accostavo la macchina alla prima postazione che trovavo per chiamare i miei genitori. Ricordo ancora il prefisso di casa: 0324", dice Grazia, accennando un sorriso. "Non era com’è oggi. Per telefonare – sottolinea – spesso occorreva attendere in coda e nascevano anche delle liti. Quando qualcuno si attardava alla cornetta, le persone in fila protestavano, sbattevano i pugni sul vetro e chiedevano spazientite: “Allora? Ne ha per molto?”".

Le linee pubbliche erano utili per le incombenze ordinarie e per le vicissitudini straordinarie. "Ho avuto un problema con un tizio. Siamo finiti davanti ai giudici. Per chiamare il notaio e l’avvocato usavo le cabine. Non so come avrei fatto se non ci fossero state: il telefono in casa l’ho avuto solo nel 1973", racconta Donato A. La cabina non era solo uno strumento per comunicare, ma anche un luogo d’incontro, per socializzare. "La coda davanti alle postazioni era un’opportunità per attaccare bottone. Ricordo una ragazza davanti a me, in fila per chiamare sua madre. Quando agganciò, la invitai a uscire. Ci frequentammo per un periodo – racconta Nicola Muciaccia –. Poi erano fonte inesauribile di scherzi telefonici. L’anonimato era garantito. Io e i miei amici ci vendicavamo delle prepotenze. È un peccato smantellarle".

Non è dello stesso parere Anna T.: "Mai utilizzate, le cabine telefoniche erano già bersaglio dei vandali anni fa. C’erano rifiuti, la gettoniera era incastrata dalle cicche. Sinceramente? Credo che oggi non servano più quelle postazioni". Ottavio Rossani propone di utilizzarle in modo diverso. "Perché non adibirle a vetrine per esporre dipinti? Potremmo prendere esempio dal Regno Unito".