"Bullismo: dove sono gli adulti?"

Il segretario di Fondazione Carolina interviene sul caso del ragazzino che ha cambiato scuola. "Fallimento educativo"

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di Marianna Vazzana

"Un fallimento educativo". Lo dice senza mezzi termini Ivano Zoppi, educatore, segretario generale della Fondazione Carolina (dedicata a Carolina Picchio, che si tolse la vita a 14 anni perché vittima dei cyberbulli) e presidente della cooperativa sociale Pepita Onlus, commentando il caso del ragazzino di 11 anni costretto a cambiare scuola perché vessato dai compagni. Un dramma raccontato ieri dal Giorno.

Quali sono i primi interrogativi che si pone?

"La scuola, leggo, ha attivato un percorso. Ma allora perché, se davvero ha fatto il possibile, il ragazzino ha cambiato scuola, trasferendosi da un istituto pubblico a uno privato? Oltre al danno la beffa, in quanto ha dovuto allontanarsi. In questo io vedo un fallimento nel sistema di gestione della situazione".

Come sarebbe intervenuto?

"In questi casi bisogna considerare tutto il contesto. Coinvolgere anche i docenti e il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario, ndr). Oggi sottovalutiamo il ruolo dei “bidelli“: una volta sapevano tutto, erano i primi ad accorgersi di quel che capitava fuori dalle aule. In questo caso pare che nessun adulto si sia accorto di nulla, docenti compresi, prima della segnalazione dei genitori. Io mi domando come sia possibile che nessuno abbia osservato. Nonostante l’appello, i genitori sono arrivati al punto da doversi rivolgere alla forza pubblica e a trasferire il figlio".

Cosa pensa della risposta del Comune, che ha espresso vicinanza alla famiglia e segnalato l’attivazione di “iniziative immediate“ di scuola e forze dell’ordine?

"Non la trovo una risposta soddisfacente. Manca un’attenzione quotidiana al fenomeno in un’ottica di prevenzione: ci si attiva solo in caso di emergenza. Deve esserci invece una vera politica di prevenzione. Con il nostro Rescue Team, il servizio di pronto intervento cyber di Fondazione Carolina, siamo di recente intervenuti per un caso di tentato suicidio di un ragazzino dell’area della Città metropolitana di Milano, che ha subìto atti di bullismo: abbiamo incontrato la famiglia, i docenti, i ragazzi, i genitori dei presunti bulli. Perché occorre ripristinare insieme le condizioni affinché un minore si senta accolto a scuola e non rifiutato. È una brutta abitudine affrontare il tema del bullismo quando c’è emergenza. Bisogna prima di tutto formare i docenti all’ascolto. E meno male che mamma e papà hanno colto i segnali del disagio. La fondazione è a disposizione della famiglia: questo ragazzino ha subìto un trauma e va aiutato. Ma siamo pronti ad affiancare anche la scuola, se dovesse avere necessità".

Perché i bulli arrivano a tanto, addirittura a chiedere soldi e a picchiare?

"Il branco si fa forza e spinge l’asticella sempre più in alto. Gli episodi di violenza, rabbia, frustrazione e ansia sono aumentati in questo periodo di pandemia. Abbiamo realizzato un report chiedendo ai ragazzi qual è la sensazione che stanno vivendo con più forza: il 70% ha risposto “ansia“, ed è preoccupante. Noi adulti dobbiamo metterci nella posizione di ascolto, che implica prima di tutto il silenzio: stiamo zitti e ascoltiamo i ragazzi".

mail: marianna.vazzana@ilgiorno.net

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