
Il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati (d) e il procuratore aggiunto Alfredo Robledo (Ansa)
Milano, 28 ottobre 2014 - Nuovo capitolo della guerra in Procura a Milano. Si rinfocola lo scambio di accuse tra il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, e Alfredo Robledo, ma intanto il Consiglio Giudiziario interviene nella vicenda, definendola "una situazione conflittuale ormai insanabile e insostenibile" che impone "la trasmissione" degli atti sia al pg della Cassazione sia a quello della Corte dei Conti. E' scritto nella delibera dell'organo milanese che interviene anche sul provvedimento con cui il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati ha revocato la delega dell'anticorruzione all'aggiunto Alfredo Robledo, "utilizzato per risolvere in modo improprio (...) l'esistenza di un conflitto". Si e' trattato di un "esautoramento completo". Lo si legge nella delibera del Consiglio Giudiziario milanese. "Il quadro" al Palazzo di Giustizia e' "fortemente deteriorato e ha bisogno di risposte urgenti" dal Csm che "siano in grado di superare il diffuso disagio di magistrati, avvocati, organi investigativi e cittadini".
SCAMBIO DI ACCUSE - Entrano nella vicenda anche il luogo di residenza del procuratore aggiunto di Milano e la cifra liquidata ai custodi giudiziari dei 170 milioni sequestrati nell'ambito dell'inchiesta sulla truffa dei derivati al Comune di Milano nello scontro che va avanti da mesi proprio tra Robledo, ex responsabile del dipartimento anticorruzione milanese e il Procuratore capo Edmondo Bruti Liberati. In un documento inviato il 23 ottobre al Csm e alla Corte d'Appello di Milano, quest'ultimo e' ritornato sulla vicenda che ha additato come uno dei motivi per rimuovere Robledo dalla guida del dipartimento che si occupa di contrastare i reati contro la pubblica amministrazione.
Da un lato fa i conti delle parcelle liquidate ai custodi giudiziari nominati dall'aggiunto quando scelse, a suo dire senza consultarlo e violando le norme, di depositare i 170 milioni non presso il Fondo Unico Giustizia ma presso la Banca di Credito Cooperativo di Carate Brianza e la Banca di Credito Cooperativo di Barlassina: ha definito poi "rilevanti" le somme corrisposte per la custodia negli anni 2010-2013 e che oltrepassano il milione di euro. Inoltre, nel documento Bruti ha annotato che "il pm Robledo e' stato residente in Carate Brianza fino al giugno 2008".
Un'affermazione che ha suscitato la durissima reazione di Robledo, il quale nelle contro deduzioni inviate al Consiglio giudiziario, definisce l'affermazione di Bruti, "malevolmente suggestiva, perche' volta ad accreditare un qualche legame con le scelte fatte nel corso del procedimento". Un'affermazione che, "al pari di tante altre", non e' veritiera. E per dimostrarlo, Robledo allega il certificato storico di residenza rilasciato dal Comune di Milano dal quale "risulta il trasferimento della mia residenza da Carate Brianza a Milano in data 27 luglio 2001".
"Tuttavia, a prescindere dal dato anagrafico - prosegue Robledo - il mio effettivo trasferimento a Milano, ove vivevo con la mia famiglia, risale al settembre 1995, quando assunsi le funzioni di sostituto presso la Procura di Milano". A conferma delle sue affermazioni, l'attuale capo del pool dell'esecuzione delle pene produce anche "il certificato anagrafico storico" relativo alla sua ex moglie, da cui si evince che anche lei e' residente a Milano dal settembre 1995, nonche' "la dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta' della medesima, da cui si evince che lo scrivente ha effettivamente e ininterrottamente abitato in Milano a far data dal settembre 1995".
Inoltre Alfredo Robledo nel documento inviato al Csm accusa Bruti Liberati e la collega Ilda Boccassini di aver raccontato bugie sulla vicenda del presunto "doppio pedinamento". Robledo ricorda che i due magistrati avevano dichiarato, nel corso delle audizioni davanti all'organo della magistratura, "di un pedinamento che sarebbe stato da me consapevolmente disposto nell'ambito dell'indagine Expo, un pedinamento parallelo a un altro disposto dai colleghi del dipartimento coordinato dalla collega Boccassini, ponendo così un grave pericolo l'indagine stessa". Tuttavia, afferma Robledo, "mi corre l'obbligo di affermare che sia il procuratore che la collega Boccassini hanno mentito al Csm, inventandosi un episodio mai avvenuto, come è dimostrato 'per tabulas' da una nota della guardia di finanza che allego, nella quale si esclude, sulla base degli atti, che tale episodio sia mai avvenuto".