Boss col sussidio pubblico: sul conto 50 euro, zero redditi dichiarati

Il denaro sporco reinvestito in appartamenti e locali intestati a prestanome. Cristian Bandiera: "Il bar della stazione chiude? Fs mi rimborsa 80mila euro"

Gaetano Bandiera, al vertice del clan della ’ndrangheta di Rho, era titolare di due libretti postali con saldo contabile di 50 e 329 euro. L’ultimo reddito dichiarato risale al 2011: 1.148 euro guadagnati l’anno precedente come "lavoratore dipendente". Il figlio, Cristian, dichiarava solo le retribuzioni percepite per il suo lavoro durante la detenzione, poche centinaia di euro all’anno. Sul suo conto corrente alle Poste poco più di 15.500 euro. Una situazione di indigenza solo apparente - visto che padre e figlio controllavano la piazza di spaccio nel Rhodense - che ha consentito al "nucleo familiare Bandiera" di chiedere e ottenere il reddito di cittadinanza.

Boss col reddito di cittadinanza

Un’ulteriore beffa nei confronti dello Stato, emersa dall’inchiesta della Squadra mobile coordinata dalla Dda di Milano. Cristian Bandiera, annota il gip nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere, "ha effettuato la domanda il 17 luglio 2020 ed è stata accolta il 14 agosto" per tutto il nucleo familiare. Sussidio incassato anche da Caterina Giancotti ("Isee pari a euro zero su un reddito dichiarato di euro zero"), Alessandro Furno e Barbara Lacerenza: davanti all’Inps si dichiaravano praticamente nullatenenti e ora, come Bandiera, devono rispondere dell’accusa di aver utilizzato "documenti attestanti situazioni reddituali" false e di aver omesso "informazioni dovute".

L'indennizzo per il Covid

Un altro degli indagati, Antonio Procopio, ha "richiesto l’indennizzo allo Stato per il covid-19 in quanto titolare dell’omonima impresa individuale avente attività edile". E nell’aprile 2021 ha avuto un "rimborso pari a 1.000 euro". Per il pm della Dda Alessandra Cerreti sono necessari "maggiori controlli" su chi percepisce sussidi pubblici. Anche perché il fiume di denaro che finiva nelle tasche della famiglia Bandiera grazie al traffico di droga veniva poi reinvestito per acquistare appartamenti o per controllare locali intestati a prestanome. Locali come il bar “Chupito“ di Rho, dove era stato appeso anche un quadro raffigurante San Michele Arcangelo che "rappresenta per gli ’ndranghetisti l’Angelo Giustiziere ed è preso come simbolo". Oppure il bar della stazione di Vanzago, rimasto chiuso per un periodo a causa di lavori di riqualificazione dello scalo. Cristian Bandiera, in una conversazione intercettata, si vantava con un conoscente di aver stipulato un contratto con le Ferrovie dello Stato. "Siamo chiusi per un anno e sei mesi però io ho fatto un contratto e mi danno 80mila euro (...) il mio bar me lo rifanno nuovo e più grande".

 

 

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