
Paolo Boggi nella sua abitazione vicino al Duomo, da dove coordina la Fondazione
Milano, 1 ottobre 2020 - La sua unica religione è il dubbio. "Dio? Vorrei tanto crederci, ma come è possibile che non si sia mai fatto sentire in tanti secoli? Nemmeno quando di fronte ad Auschwitz...“. Paolo Boggi, l’ex re delle camicie pret à porter eleganti, ma per tutte le tasche, oggi ha 90 anni e, dal divano bianco della sua bella casa, al quinto piano di un palazzo signorile a due passi dal Duomo, guarda il mondo con una certezza.
"Non sarò un cristiano, ma nella vita ho sempre cercato di fare qualcosa di buono. Adesso voglio farlo solo per gli altri". Ecco dunque l’idea. Una Fondazione, da poco costituita, che distribuisca tutti i suoi averi alla parte debole della società, in particolare bambini ed anziani in condizioni di disagio economico e sociale. Fondazione Paolo e Maria Boggi onlus si concentrerà su sostegno, istruzione e formazione, come indicato nello statuto. Sostegno alle persone anziane, ma anche progetti che riguardino il loro mantenimento e le cure, laddove manchino le capacità materiali e finanziarie per poterlo fare. Soggetti individuati in autonomia o gestiti da altre fondazioni che operino nel settore delle cure delle persone anziane come case di riposo.Il secondo settore riguarda invece i bambini, in particolare quelli che abbiano bisogno di sostegno per l’inserimento nella società, sia perché figli di persone emarginate o in carcere o affidate ai servizi sociali per qualsiasi motivo e abbiano la necessità di essere mantenute ed educate.
Infine, la Fondazione vorrebbe operare anche nel campo della cultura, per il sostegno di giovani bisognosi sia attraverso progetti culturali, sia con borse di studio da assegnare a singoli studenti. La Fondazione era stata costituita lo scorso anno ma nel 2020, causa Covid, non ha potuto iniziare a operare come avrebbe voluto, limitandosi per ora al sostegno finanziario ad alcuni ospedali nel periodo della pandemia. Ma poco importa, la macchina è partita. Anche perché Boggi ha sempre dimostrato molta sensibilità per le persone disagiate e bisognose di aiuto attraverso una vera e propria, anche se silenziosa, attività filantropica."Sono arrivato a Milano da Napoli nel 1964 - ricorda - con sole 25mila lire in tasca. penso spesso a quel ragazzo che trovò il coraggio di lasciare una realtà comoda e tutto sommato confortevole, per buttarsi qui in una nuova avventura". Per anni, prima di cedere l’attività a terzi, ha curato di persona la propria attività imprenditoriale, arrivando ad accumulare un successo dopo l’altro. Ma anche allora, con un occhio di riguardo agli altri e al mecenatismo. E trovando anche il tempo per scrivere dei libri, su temi filosofici e sociologici, il valore del dubbio su tutti gli altri.
Tra i suoi più corposi interventi, il finanziamento totale del Festival Jazz dell’Isola d’Elba, un omaggio all’isola che lo ha ospitato nel suo riposo estivo, una rassegna che per qualche stagione ha portato in Italia i più grossi artisti internazionali della scena musicale. Un dono non sempre ripagato con gratitudine e altrettanto affetto, ma senza rimpianti: "Chi dà qualcosa agli altri non si aspetti mai nulla in cambio. E’ anche lo scopo della mia Fondazione, voglio lasciare il mondo un po’ più bello di come lo avevo trovato. E se qualche bimbo o qualche anziano ritroverà un sorriso, per me sarò il migliore dei regali".