MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Beatrice Soli, dall’anoressia alla rinascita: "Io, personal trainer per gli altri"

Ha iniziato a soffrire per il cibo fin dall’infanzia. Prima dieta a 6 anni, poi vittima dei bulli. "Ho rischiato di morire". Oggi su Instagram ha oltre 25mila follower e diffonde video anti stereotipi

Beatrice Soli oggi vive a Londra e collabora con più realtà, anche italiane

Beatrice Soli oggi vive a Londra e collabora con più realtà, anche italiane

Milano – «Non devi allenarti due volte al giorno. Non esiste cibo giusto o sbagliato. Fare 10mila passi al giorno è arbitrario e nemmeno vero come dato di ricerca. Essere “magri“ (secondo standard ben precisi) non è salutare per tutti". Beatrice Soli, di 28 anni, parla con cognizione di causa e con il sorriso, dopo essersi persa e ritrovata. Ha saputo trasformare il suo dolore in forza, ha incanalato la sua "iperattività motoria" che andava a braccetto con la sua anoressia nervosa in un percorso di rinascita e di formazione, fino a diventare personal trainer specializzata nella lotta ai disturbi alimentari legati all’attività fisica. Originaria di Modena, oggi vive a Londra – dove ha studiato – e collabora con associazioni tra cui Animenta, di cui è volontaria, psicologi e nutrizionisti di più città d’Italia tra cui Milano. Aiuta gli altri a combattere il mostro che lei è riuscita a sconfiggere, e lo fa non solo in palestra o parlando ai ragazzi delle scuole ma anche sui social: la sua pagina Instagram “beamindfit“ è seguita da 25,4mila persone.

Quando ha iniziato a soffrire di disturbi dell’alimentazione?

"I problemi hanno radici lontane, affondano nell’infanzia: avevo 6 anni quando mi è stata prescritta la mia prima dieta dalla pediatra e da quel momento il mio rapporto con il cibo è stato complicato. A poco a poco ho introiettato concetti come “cibo giusto e cibo sbagliato“, cibi che potevo “meritare“ o no. Presto, poi, sono finita vittima di bulli per il mio corpo grasso. Nelle attività sportive, quando si trattava di formare le squadre, venivo sempre scelta per ultima. Amavo la danza ma il mio corpo "non conforme" era malvisto, mi veniva detto che per essere considerata avrei dovuto perdere peso. Quando avevo 16 anni ho deciso di dare una svolta alla mia vita: ho fatto una dieta fai-da-te e ho perso 30 chili. Vedendomi dimagrita, la gente non mi chiedeva “Come stai?“ ma si complimentava con me per come "fossi bella". Avevo il riconoscimento, le attenzioni sempre desiderate, solo grazie al "privilegio della magrezza". E in me è nato il disturbo alimentare che è poi diventato anoressia nervosa".

È riuscita a riconoscere di avere un problema?

"Quando avevo 18 anni, la mia dottoressa si è accorta che qualcosa non andava perché avevo perso troppo peso in poco tempo e mi ha prescritto una visita dallo psicologo. Poi ho iniziato un percorso ospedaliero. In quel momento non ero in grave sottopeso ma poi la situazione è peggiorata".

Cos’è successo?

"Quando iniziai il percorso ero in un rapporto di egosintonia con la malattia, cioè in fondo non desideravo guarire perché il disturbo era un po’ come il mio migliore amico. La salvezza poteva arrivare solo da me stessa. Mi sono “svegliata“ 3 anni dopo, quando ho rischiato di morire. Ho supplicato mia madre: “Accompagnami al centro medico, io devo guarire“. Quando sono arrivata in ospedale pesavo 30 chili. E in 3 anni, lentamente, ne sono uscita, seguendo una terapia, affiancata da professionisti. Poi mi sono riavvicinata allo sport, che per me era sempre stato un piacere, ma guardandolo con altri occhi. Ho capito di voler diventare personal trainer per aiutare gli altri e così ho fatto andando a studiare a Londra".

E cosa vede, negli altri?

"Mi sono accorta di quanta gente venga in palestra perché soffre, vittima di stereotipi legati al corpo. Con in testa falsi miti da raggiungere. Io lavoro per far sì che, come è stato per me, lo sport diventi uno strumento per il proprio benessere psicofisico, per star bene con se stessi. Volendo bene al proprio corpo non per come appare ma per quello che è in grado di fare. Vedendolo come alleato e non come oggetto. Questa è la vera conquista".