
Operazioni di disinfezione del personale nell’ospedale militare di Baggio
Milano, 10 ottobre 2020 - Il record di permanenza è di oltre un mese. Tra i pazienti c’è stata una donna di 93 anni, della Bergamasca. "Sorda, si faceva capire a gesti, si era talmente affezionata che ci mandava i baci. È guarita ed è tornata a casa commossa". Decine le lettere di carta e i messaggi digitali inviati come ringraziamento, custoditi nei cassetti e dentro gli smartphone dei militari con il camice. Porzioni di vita che affiorano oltre le mura della palazzina-Covid allestita nel Centro ospedaliero militare di Baggio nella caserma Annibaldi di via Saint Bon, dove si sono intrecciate le storie di 139 persone ricoverate da marzo in poi per alleggerire gli ospedali civili.
E non è finita, perché quegli spazi, 50 posti letto messi a disposizione dal ministero della Difesa guidato da Lorenzo Guerini, insieme a quelli di una seconda struttura allestita nel Comando Aeroporto di Linate dell’Aeronautica militare, continuano a ospitare uomini e donne positivi al virus: ora i pazienti sono una decina all’interno della struttura di due piani che è stata isolata da tutto il resto, con un giardino delimitato da una rete. Dall’alto di una terrazza, a distanza di sicurezza, si riesce a scorgere qualcuno che esce a prendere un po’ d’aria e a respirare l’autunno immerso nel verde di questa cittadella nella periferia ovest dove se si è fortunati è possibile incontrare fagiani e scoiattoli. Le stanze hanno ospitato anziani, "soprattutto all’inizio dell’emergenza", sottolineano i responsabili, ma anche imprenditori e senza dimora in media dai 50 ai 60 anni. Tutti dimessi per guarigione clinica e virologica, attestata con 1.200 tamponi effettuati. Quest’ala del complesso, che prima dell’emergenza sanitaria racchiudeva alloggi, è stata trasformata nel reparto Covid in meno di una settimana grazie a specialisti dell’Esercito affiancati da esperti arrivati apposta dal Policlinico militare del Celio di Roma, compreso un infettivologo. Il reparto è stato reso "un’area di biocontenimento": sei ufficiali medici, otto sottufficiali infermieri e graduati con qualifica di operatore socio sanitario, sono attivi solo in quel polo, entrano con tuta, mascherina, copritesta, copricalzari e guanti in modo da preservare la sicurezza, loro e dell’ambiente circostante dell’ospedale, in cui si trovano ambulatori e il dipartimento militare di medicina legale.
I pazienti restano isolati, ognuno nella propria camera, ma hanno la possibilità di uscire in giardino. Il cibo arriva dalla cucina interna della caserma. "Ci siamo messi in moto a partire dal 21 febbraio – spiega il colonnello Fabio Zullino, direttore del Centro ospedaliero e medico di base –, su disposizione del Comando operativo di vertice interforze e in accordo con Regione Lombardia e Protezione civile, con il coordinamento del comando logistico dell’Esercito. Il protocollo che seguiamo è molto rigido". Un trattamento particolare è riservato agli indumenti: quelli personali vengono chiusi in un sacco e sanificati. Sanificata, pure ogni area. «La difficoltà più grande, riuscire a confortare persone che per negativizzarsi hanno impiegato più di un mese – evidenzia il tenente colonnello Carmine Arena, caporeparto Covid – e la limitazione nei rapporti umani. Nonostante questo, abbiamo sempre cercato l’empatia: e i pazienti se ne sono accorti, restituendoci emozioni e sorrisi".