Attacco alla sanità lombarda: "Dagli hacker nessuna richiesta. Comunque noi non paghiamo"

La Regione sull’attacco senza precedenti all’Asst Fatebenefratelli-Sacco. Continua il lento ripristino del sistema

Hacker

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Milano, 4 maggio 2022 - La sera del terzo giorno dopo l’attacco hacker senza precedenti che ha messo fuori uso i sistemi informatici dell’Asst Fatebenefratelli-Sacco, una delle tre aziende sociosanitarie pubbliche di Milano con quattro ospedali più 33 sedi distaccate che coprono cinque dei nove Municipi, l’unica certezza è che il ripristino dell’infrastruttura digitale, operazione complessa e delicata anche per le trappole che possono essere state seminate dagli hacker, sta dando i primi risultati concreti: oggi, spiega la direttrice sanitaria Lucia Castellani, al Fatebenefratelli, al Macedonio Melloni e al Buzzi potranno ripartire gli esami di diagnostica per immagini, in particolare le Tac, prenotati da pazienti esterni che erano stati sospesi, mentre "le urgenze e le necessità interne sono state sempre garantite".

Al Sacco invece si lavora soprattutto per rimettere on line il laboratorio d’analisi, che in tutti i presidi è il "cuore" dal quale può riprendere il funzionamento a pieno regime sia dei pronto soccorso sia dei prelievi per l’utenza esterna, che sono ancora bloccati. Intanto le indagini sull’attacco "ransomware" all’Asst che contiene il Sacco, ospedale degli Infettivi diventato famoso in tutto il mondo durante la pandemia, affidate alla Polizia postale e all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, vanno avanti nel riserbo. Formalmente l’assessorato al Welfare continua a negare che siano arrivate richieste di riscatto: "Dopo il tentativo di hackeraggio, bloccato immediatamente grazie al pronto intervento dei tecnici dell’Asst supportati in seguito da quelli di Aria e della Polizia postale, non si hanno evidenze di violazioni di dati sensibili e non ci sono state richieste concrete di 'riscatto'".

A quanto Il Giorno apprende, i tecnici dell’ospedale non si sarebbero spinti ad aprire il file che poteva contenere le indicazioni lasciate dagli hacker per concludere il "ransomware", chiarendo cosa volessero in cambio delle "chiavi" della serratura del sistema che avevano cambiato. Ora tutto è nelle mani degli inquirenti. "Non abbiamo pagato e non abbiamo intenzione di pagare alcunché", ha risposto ieri il governatore Attilio Fontana a una domanda sulle indiscrezioni che circolano in merito alla richiesta di riscatto. Che di norma è presente in un attacco "ransomware", e che difficilmente un ente pubblico potrebbe pagare. "Siamo riusciti a salvare tutti i nostri dati, ora c’è una questione solo di funzionamento. Gradualmente si sta tornando alla normalità", ha spiegato Fontana. Il ripristino degli applicativi, che ha richiesto anche la sostituzione di alcuni computer privi di processore, ieri era a buon punto soprattutto al Fatebenefratelli e al Melloni, dove la gestione informatica della documentazione sanitaria, che per due giorni è dovuta tornare al cartaceo come vent’anni fa, è ripresa in digitale nei reparti e negli ambulatori; è stato possibile riattivare alcune postazioni Cup e l’accettazione informatica nei due pronto soccorso.

Che però, a quanto Il Giorno apprende da fonti sanitarie, per poter "riaprire", cioè tornare a ricevere le ambulanze che l’Areu da lunedì dirotta su altre strutture milanesi (i pazienti che si presentano da soli non hanno mai smesso di essere accolti in tutti e quattro gli ospedali), hanno bisogno che tutto torni a marciare alla perfezione, e soprattutto del collegamento coi laboratori per l’invio di esami e referti. Lo stesso ovviamente vale per i pronto soccorso del Buzzi e del Sacco, dei quali si punta a ripristinare l’accettazione informatica oggi.

 

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