GIAMBATTISTA ANASTASIO
Cronaca

La mamma di un bimbo autistico: "Costretta a rivolgermi al privato. Ora Regione Lombardia mi ridia 22mila euro"

La mamma ha dovuto pagare la terapia per il figlio che ha un disturbo dello spettro autistico. "Colpa delle carenze della sanità pubblica". Scatta il ricorso legale per le spese sostenute

Morena Manfreda, vicepresidente dell’associazione “Su la testa“, con il figlio Manuel

Milano – La svolta è avvenuta nel 2015: da allora le prestazioni e i servizi utili a diagnosticare e curare il disturbo dello spettro autistico sono state incluse nei LEA, ossia i "livelli essenziali di assistenza" che devono essere garantiti dal servizio sanitario pubblico. Tra i trattamenti riabilitativi ricompresi nei LEA c’è, in particolare, la terapia ABA, acronimo inglese che, una volta tradotto, sta per Analisi Applicata del Comportamento. La svolta del 2015 è spesso rimasta sulla carta. E per renderla realtà si è dovuto ricorrere alle vie legali. Più di una sentenza, in questi anni, ha chiarito che a farsi carico dei costi della terapia ABA deve essere il servizio sanitario pubblico.

Non bastasse, nel 2019 l’AGENAS, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, in risposta ad una richiesta dell’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione), ha fatto sapere che le terapie ABA sono prescrivibili dal servizio sanitario nazionale. Ora un altro ricorso legale è destinato ad aggiungersi ai precedenti. Stavolta contro Regione Lombardia. A presentarlo al tribunale civile sarà Morena Manfreda, vicepresidente dell’associazione “Su la testa“ e madre di Manuel, ragazzo di 14 anni che convive con un grave disturbo dello spettro autistico. Nonostante la svolta del 2015, Manfreda, in questi otto anni, ha dovuto spendere di tasca propria 22mila euro per poter permettere a suo figlio di seguire un percorso ABA per il giusto numero di ore e con la giusta frequenza.

Detto altrimenti: 22mila euro per un percorso che potesse essere efficace, come poi si è rilevato essere. Da qui la richiesta alla Regione di vedersi rimborsare le spese sostenute. E, infine, la decisione di intraprendere le vie legali: la richiesta per ora è rimasta senza risposta. «Fino al 2022 – spiega questa madre – non c’è stata alcuna possibilità di vedersi riconosciute e risarcite le spese sostenute per consentire a Manuel di seguire un percorso ABA. E questo per più ragioni. Il sistema dei voucher B1 (i voucher sociosanitari riservati alle persone con gravissima disabilità e alle loro famiglie ndr ) non contemplava la terapia ABA.

A questo si aggiungeva il fatto che i centri convenzionati che la garantivano erano pochissimi e sono tuttora pochissimi: la ATS Milano Metropolitana, da me interpellata in merito – fa sapere Manfreda – mi ha mandato una lista di appena 4 centri convenzionati in tutta la Lombardia. Questo significa che, ovviamente, i tempi di attesa sono lunghi: un anno e mezzo solo per la logopedia". Nel 2022 , però, la Regione, sempre nell’ambito della B1, vara il voucher autismo, quindi un voucher dedicato proprio al disturbo dello spettro che prevede anche ore di terapia ABA. Quante ore, esattamente?

"Nel caso di Manuel appena 6 ore al mese – fa sapere Manfreda –, appena un’ora e mezza a settimana: praticamente poco più di nulla, un percorso senza intensità". Perché così poche ore? Perché al crescere dell’età dell’assistito, diminuisce il monte-ore delle prestazioni coperto dal voucher autismo. Detto altrimenti: Manuel è già considerato troppo grande per poter conseguire ulteriori miglioramenti. Conclusione: Manfreda in questi anni si è dovuta rivolgere alle strutture private. E ha dovuto pagare 22mila euro. "Una scelta obbligata ma discriminatoria. Ho chiesto alla Regione di partecipare alla spesa, ma di fronte all’assenza di risposte non mi restano che le vie legali".