Appalti e contratti falsi: famosa azienda del vino accusata di frode all’Ue per 2 milioni

L’intento ipotizzato era accaparrarsi dei fondi europei per la produzione agricola. Le procure milanesi ed europee hanno lavorato insieme alle indagini

Le indagini sull'azienda vitivinicola sono state eseguite dalla Guardia di finanza

Le indagini sull'azienda vitivinicola sono state eseguite dalla Guardia di finanza

Un grosso consorzio di aziende vitivinicole, l’Unione italiana vini, è accusata di aver frodato l’Unione europea per oltre due milioni di euro. Secondo la procura regionale della Corte di Conti e la procura europea, che hanno collaborato nel caso, l’impresa avrebbe organizzato false gare d’appalto e nascosto dei conflitti d’interesse con Veronafiere – l’ente che organizza Vinitaly – per accaparrarsi una grosso finanziamento pubblico europeo creato per promuovere i prodotti agricoli italiani ed europei.

Il progetto di chiama “Native grapes academy” e ha lo scopo di rafforzare la competitività dei prodotti originari dell’Unione e promuoverli nei Paesi terzi d’esportazione. Gli investigatori italiani ed europei hanno ricostruito il sistema di illeciti con l’aiuto della guardia di finanza di Milano.

Come funzionava la frode

Secondo le ipotesi degli inquirenti, la frode sarebbe stata perseguita attraverso due modi. Innanzitutto, l’Unione nazionale vini avrebbe individuato nell’ente Veronafiere la società esecutrice del progetto europeo attraverso una gara d’appalto di “mera facciata”, organizzata solo per nascondere agli organismi europei un preesistente conflitto di interessi tra le due aziende.

Poi, le due aziende avrebbero stipulato un contratto di servizi apparentemente indipendente ma che in realtà era destinato a nascondere il fatto che, assegnando il contratto a Veronafiere, il 35% della somma versata a quest’ultima ritornava di fatto all’Unione nazionale vini.

Il danno e il sequestro

Alla fine, il danno erariale – cioè ai fondi pubblico – è stato quantificato nella somma di 2.085.810 euro. Per questo è stato disposto il sequestro dell’intera somma. La società beneficiaria non ha ammesso alcuna responsabilità ma ha provveduto a risarcire integralmente l’ente della Commissione europea responsabile del progetto. Sulla base di questa decisione, è stato revocato il provvedimento di sequestro e la Procura ha anche chiesto l'archiviazione della procedura.

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