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Diodato: questa città si accorge di te. I luoghi che sembrano freddi ti regalano arte e poesia

"Milano è la città della bellezza ritrovata". Lo racconta il cantante Antonio Diodato, in arte Diodato di Massimiliano Chiavarone

SERENO Diodato in via privata Tirso; sopra, davanti all’insegna del Beat 75: è il locale dove si esibì per la prima volta l’11 ottobre del 2013 Fu un successo

Milano, 8 marzo 2015 - "Milano è la città della bellezza ritrovata". Lo racconta il cantante Antonio Diodato, in arte Diodato.

Perché Milano l’aveva persa? «Per quanto mi riguarda sì, ripensando alle mie prime esperienze milanesi, agli incontri con i discografici per proporre i miei pezzi che si risolvevano sempre in un nulla di fatto. Era il 2012».

Con la musica aveva cominciato molto prima? «A Taranto, di cui sono originario, anche se sono nato ad Aosta, ma per sbaglio. I miei si trovavano lì in vacanza, mia madre avrebbe dovuto partorire a settembre e invece sono venuto alla luce il 30 agosto 1981. Insomma la vacanza si era conclusa nel migliore dei modi. Poi sono cresciuto nella città pugliese e ho iniziato a suonare nelle band del liceo scientifico che frequentavo. In realtà la passione per la musica me l’ha trasmessa mio padre che cantava spesso durante i viaggi in auto».

Ma nel suo curriculum ci sono anche esperienze musicali a Stoccolma? «Sì, dopo la maturità mi sono trasferito a Roma per frequentare il Dams, dove poi ho scelto l’indirizzo cinema e ho conseguito la laurea scrivendo una tesi sui videoclip. Nella capitale svedese sono capitato per caso, invitato da alcuni amici che vi si erano trasferiti. E sono stato coinvolto come cantante nell’incisione della compilation “Beirut Café 2” con i dj svedesi Sebastian Ingrosso di origini italiane e Steve Angello».

Una bella esperienza che poi ha pensato di mettere a frutto in Italia? «A Roma, cantavo in molte serate e poi ho inciso il mio primo disco “E forse sono pazzo” grazie al produttore Daniele Tortora ed è in questo momento che entra in scena Milano».

SERENO Diodato in via privata Tirso; sopra, davanti all’insegna del Beat 75: è il locale dove si esibì per la prima volta l’11 ottobre del 2013 Fu un successo

E i “vostri” momenti di incomprensione? «Sì, con la trafila di appuntamenti e colloqui con rappresentanti di case discografiche che non mostravano interesse per quello che proponevo. E, invece, io volevo riuscire ad affermarmi a Milano che è la città della discografia. Finché sono capitato in una strada».

La sua via preferita? «Sì, via Privata Tirso al 3, zona Ripamonti. A questo indirizzo si trova il “Beat 75”, un locale fantastico che è un piccolo universo della musica con sale da concerti e di registrazione. È qui che mi sono esibito per la prima volta a Milano l’11 ottobre 2013. Il concerto andò benissimo e addirittura vennero sul palco a suonare con me Rodrigo D’Erasmo e Roberto Dell’Era degli Afterhours. Quella serata mi preparò la strada per il Sanremo dell’anno dopo, dove mi piazzai secondo tra le nuove proposte. È grazie a questa via che tutto è ripartito».

Cosa vuol dire? «Ho capito qual è la “bellezza” di Milano, quella più vera. In una strada anonima e periferica si sono accorti di me, in un posto ora destinato alla musica, ma che nel passato era una fabbrica di carte da gioco. È questa la peculiarità di Milano: tirare fuori l’umanità da posti apparentemente freddi, che invece si trasformano in luoghi di arte, musica e calore umano ».

E lei con la bellezza gioca in casa dato il titolo del suo ultimo album. «È stata anche Milano a ispirare il mio ultimo lavoro “A ritrovar bellezza” (Le Narcisse/Rca/Sony) in cui interpreto i grandi successi degli anni Sessanta della canzone italiana, di quel periodo che forse racchiude i suoi capolavori più intensi e unici. E poi questa città mi ha portato fortuna perché dopo le mie affermazioni a Sanremo sono stato arruolato da Fabio Fazio per “Che tempo che fa”, che va in onda da Milano, cantando bellissime canzoni in luoghi all’aperto. Qui ho interpretato “Piove” al Castello Sforzesco. È come mettere in dialogo la bellezza italiana dell’arte e dell’architettura con quella della musica».

Qual è il valore di Milano per lei ora? «Quello della città in cui le cose si muovono più facilmente. Milano mi è entrata nell’anima. Molti la vedono come una metropoli maschile che punta sulla competizione, io dico che se fosse un uomo, Milano sarebbe forte, deciso, ma gentile».

Questa città la rende poetico? «Sì, mi piace vivere qui quando posso, per scoprire le sensazioni che mi ispira e scriverle. Anzi proprio dal mio ultimo album sto scrivendo uno spettacolo teatrale in cui mi piacerebbe raccontare anche la bellezza che mi insegnato Milano».

di Massimiliano Chiavarone mchiavarone@yahoo.it