"Sul diritto alla giustizia per i 15 lavoratori dell’Alfa Romeo di Arese uccisi dall’amianto, respirato nel loro posto di lavoro, come tutte le consulenze e certificazioni hanno dimostrato, è stata messa una pietra tombale e ingiustizia è fatta, per sempre". Lo afferma Fulvio Aurora, responsabile delle vertenze giudiziarie di Medicina Democratica e di AIEA, Associazione Italiana Esposti Amianto in riferimento alla sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, IV Sezione penale, che ha confermato la pronuncia assolutoria della Corte d’Appello di Milano del 2019 nei confronti di Paolo Cantarella, ex ad Fiat, Piero Fusaro, ex presidente Lancia Industriale, e i manager Giorgio Garuzzo, e Giovanni Battista Razelli in relazione all’accusa di omicidio colposo per non aver adottato le necessarie cautele a tutela della salute dei lavoratori. Un quarto imputato, Vincenzo Moro, è nel frattempo deceduto. I manager coinvolti nel processo hanno ricoperto posizioni di garanzia lungo il periodo dal 1974 al 1996, rileva il comunicato di Medicina Democratica. "Una sentenza che turba e disorienta, anche alla luce di altre sentenze di Cassazione su processi analoghi, ha sottolineato Laura Mara, avvocatessa dei familiari delle vittime.
CronacaAmianto all’Alfa di Arese Tutti assolti