ANDREAGIORGIO GIANNI
Cronaca

Alta moda e caporalato, ecco la ricetta del Tribunale contro lo sfruttamento di manodopera

Dopo i casi Armani Operations spa e Alviero Martini spa riunioni in Prefettura fra magistrati e aziende "L’esperienza dei due amministratori giudiziari sarà la base per modelli condivisi contro lo sfruttamento"

I controlli dei carabinieri in alcune aziende

I controlli dei carabinieri in alcune aziende

Milano, 18 maggio 2024 –  Il caporalato nella filiera degli appalti dell’alta moda non riguarda solo Giorgio Armani Operations spa e Alviero Martini spa, colossi del lusso sottoposti alla misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria nell’ambito di indagini della Procura di Milano, ma è un sistema "diffuso" nel settore.

Per questo, in Prefettura, si stanno muovendo i primi passi verso la stesura di un protocollo che "possa favorire il contrasto a fenomeni di sfruttamento di manodopera e valorizzare ulteriormente tutto il settore dell’artigianato, favorendo anche il sistema imprenditoriale sul piano della tutela dei marchi". A fare il punto, in una nota, è il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia che ad aprile, dopo la nomina dell’amministratore giudiziario che sta affiancando i vertici del braccio operativo di Armani, aveva proposto e sollecitato l’apertura di un tavolo che "consenta di cogliere le criticità" e prevenire abusi, come è stato fatto in un settore come quello della logistica già finito al centro di inchieste sullo sfruttamento di manodopera. La prima riunione si è tenuta l’8 maggio. Al tavolo, presieduto dal prefetto Claudio Sgaraglia, hanno partecipato Roia, la procuratrice aggiunta Alessandra Dolci, a capo dell’Antimafia di Milano, rappresentanti del settore della moda e dell’artigianato, l’Ispettorato del Lavoro, il Politecnico e i sindacati.

“È stato deciso di utilizzare le competenze degli attuali amministratori giudiziari (di Giorgio Armani Operations spa e Alviero Martini spa, ndr) – si legge nella nota del Tribunale – per individuare dei presidi comuni da proporre come modelli da adottare dalle imprese che verranno discussi nelle prossime riunioni".

L’obiettivo è arrivare a misure concrete, che non rimangano solo sulla carta e vadano oltre le dichiarazioni di intenti, per prevenire fenomeni di sfruttamento emersi dalle indagini dei carabinieri coordinate dal pm Paolo Storari. Borse e cinture destinate a boutique dell’alta moda, infatti, venivano realizzati attraverso subappalti per conto di Armani Operations spa (non indagata) in laboratori-dormitorio nel Milanese da operai cinesi "sottoposti a ritmi di lavoro massacranti" per "produrre volumi di decine di migliaia di pezzi, a prezzi sotto soglia" con l’obiettivo di massimizzare i profitti ed "eliminare la concorrenza". Paghe "anche di 2/3 euro orarie, tali da essere giudicate sotto il minimo etico", per attività che andavano avanti anche "per oltre 14 ore al giorno, anche nei festivi". Un sistema analogo era emerso anche dall’indagine che, in precedenza, aveva messo sotto la lente gli appalti di Alviero Martini spa.