Alfa Romeo “Milano”, ma è prodotta in Polonia. Il ministro Urso: “È vietato per legge”

La nuova auto presentata il 10 aprile nel capoluogo lombardo ha già suscitato polemiche legate anche alla crisi dell’automotive in Italia. L’amministratore delegato di Stellantis: “Produrla qui sarebbe costato troppo”

La nuova Alfa Romeo "Milano" presentata il 10 aprile nel capoluogo lombardo

La nuova Alfa Romeo "Milano" presentata il 10 aprile nel capoluogo lombardo

“Un’auto chiamata ‘Milano’ non si può produrre in Polonia”. È questo il laconico commento che il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha fatto riguardo il nuovo modello di Alfa Romeo, chiamato appunto “Milano”, presentato il 10 aprile nel capoluogo lombardo. L’automobile è effettivamente prodotta nella città di Tichy in Polonia da Stellantis, il gruppo nato dalla fusione di Psa, l’azienda francese che produce Peugeot e Citroën, e Fca, l’azienda italo-americana nata a sua volta dalla fusione di Fiat e Chrysler.

Il ministro ha spiegato che chiamare “Milano” quel modello è vietato ai sensi della “legge italiana che nel 2003 ha definito l’Italian Sounding, una legge che prevede che non bisogna dare indicazioni che inducano in errore il consumatore, indicazioni fallaci legate in maniera esplicita alle indicazioni geografiche. Quindi un’auto con il nome Milano si deve produrre in Italia, altrimenti si dà un’indicazione fallace che non è consentita dalla legge italiana”.

La crescente delocalizzazione del settore automotive dall’Italia da parte di Stellantis è criticata da tempo. In generale, negli ultimi vent’anni il Paese ha perso circa il 69 per cento della produzione e fabbriche un tempo centrali come Mirafiori a Torino hanno visto calare gli ordini fino ai minimi storici: se dagli stabilimenti Fiat italiani nel 1990 uscivano due milioni di automobili, oggi sono meno di 500 mila.

L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha negato che il gruppo voglia lasciare l’Italia e ribadito la centralità di Torino e dell’Italia. Riguardo all’Alfa Romeo Milano, ha detto che “se l’avessimo costruita in Italia avremmo dovuto farla pagare 10 mila euro in più. Sarebbe stato impossibile offrire questo modello a meno di 30 mila euro”.