Alessia Pifferi, è un piccolo imprenditore di Ponte Lambro il papà della povera Diana

Bimba morta di stenti, Alessia Pifferi è in carcere con l’accusa di omicidio volontario. Prima della tragedia aveva intenzione di chiedere il riconoscimento della figlia da parte del padre naturale: voleva l'assegno di mantenimento

Alessia Pifferi, 37 anni, la mamma che ha lasciato morire di stenti la figlia

Alessia Pifferi, 37 anni, la mamma che ha lasciato morire di stenti la figlia

Milano, 15 settembre 2022 - ​Alessia Pifferi, la madre che ha lasciato morire di stenti la figlia Diana di 18 mesi, resta in isolamento a San Vittore e dice di non ricordare cosa è successo alla bambina. Trascorre le sue giornate in cella senza avere ancora percepito la gravità di quanto ha compiuto. Il legale Solange Marchignoli sta preparando la linea difensiva per la donna, accusata di omicidio volontario aggravato. In attesa dell’esito dell’esame sul latte trovato nel biberon che, se contenesse benzodiazepine, configurerebbe gli estremi della premeditazione, emergono altri elementi sulla vita della 37enne di Ponte Lambro. Piccoli tasselli del naufragio. Elementi che potrebbero essere determinanti per tracciare contorni precisi degli eventi che hanno portato la donna verso questa deriva. Elementi che non cambiano il quadro già gravissimo dell’omicidio volontario, ma definiscono meglio la personalità della Pifferi.

Lo hanno spiegato anche i pm che stanno coordinando le indagini sul caso, che Alessia Pifferi appare una persona lucida e cosciente e che dai messaggi estrapolati dal suo cellulare emerge una chiara strategia complessiva di vita che ha guidato tante sue ultime scelte. Tra quanto emerso, anche alcuni dettagli relativi alla bimba. La donna sapeva bene chi era il padre della piccola, con lui aveva avuto una lunga relazione sentimentale, poi l’uomo l’aveva lasciata per rimettersi con la ex compagna.

Solo dopo, una volta tornata single, la Pifferi si era accorta di essere incinta, ma non aveva detto nulla all’ex fidanzato con cui non aveva tenuto buoni rapporti. In solitudine aveva partorito Diana. L’uomo, il padre, che quasi sicuramente non sa di esserlo gestisce una piccola azienda poco lontano da dove Alessia Pifferi abitava, in zona Ponte Lambro. Lì nel quartiere si erano conosciuti.

Proprio prima della tragedia risulta che la donna avesse contattato un avvocato con l’intenzione di chiedere il riconoscimento della piccola, da parte del padre naturale, presumibilmente con un test del dna. Questo lo avrebbe fatto perché voleva chiedere al padre un assegno di mantenimento per Diana. Un aiuto economico importante che il padre economicamente si poteva permettere. Non si sa se la pratica legale fosse avanti al punto che il padre avesse ricevuto notifica degli atti, ma i difensori della PIfferi, Marchignoli e D’Auria pensano di no perché in questi mesi nessuno si è fatto vivo. Nemmeno più l’elettricista di Leffe, l’uomo per cui la Pifferi ha lasciato morire sua figlia.

 

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